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Serve un'alternativa. Ora basta errori

Serve un'alternativa. Ora basta errori

Tutti a parlare, ovviamente e giustamente, di questo nuovo governo che ai benpensanti fa tirare un respiro di sollievo per aver archiviato la stagione del salvinismo. Archiviato? L'ultimo sondaggio dà la Lega sopra il 30 per cento, largamente primo partito, e come si sa le stagioni non muoiono mai, e anche in tempi di cambiamenti climatici si ripresentano puntualmente, certe come solo la morte. Sono abbastanza di lungo corso per ricordare l'entusiasmo che a sinistra accompagnò l'operazione di palazzo (dicembre 1994, regia Scalfaro) che mise fine prematuramente al primo governo Berlusconi e affidò il Paese prima a Dini e poi a Prodi-D'Alema-Amato.

Forza Italia che venne data per archiviata - accusò il colpo, ma non si dissolse, non tracollò e compatta aspettò il ritorno della sua stagione. Questo accadde perché Silvio Berlusconi fece tesoro degli errori d'impeto compiuti nella sua prima e breve esperienza di governo, intuì che il sistema qualsiasi sistema è più forte di te e si dedicò quindi a tessere rapporti internazionali seri e affidabili, a ricucire quelli con i suoi alleati della prima ora, con Bossi che lo aveva tradito e con Fini (pur sapendo che un giorno lo avrebbe tradito anche lui).

E raggiunse l'obiettivo.

Non so se Matteo Salvini è attrezzato per compiere un simile percorso, in gergo chiamato «traversata nel deserto». Salvini, molto più che il Berlusconi del '94, è caduto sì per una manovra di palazzo ma soprattutto per i suoi errori, sia tattici che strategici e il «salvinismo», così come lo abbiamo conosciuto, funziona nelle piazze ma non a palazzo. Ora lasci perdere le urla e i riti sovranisti o quantomeno li contenga - e si dedichi alla politica, facendo sì opposizione dura ma immaginando come e con chi (da solo se lo dimentichi) pensa alla rivincita che, visto il nuovo governo e il suo programma, non è impossibile né necessariamente lontana nel tempo. Paradossalmente questo è il governo ideale per costruire una alternativa. Per la linea politica che avrà e perché lascerà completamente sguarnito il Nord, relegato anche lui all'opposizione sia nella scelta dei ministri che nelle priorità (più assistenza, più immigrati, meno sviluppo).

E perché non solo Renzi con Di Maio, da domani sarà al suo interno una guerra tutti contro tutti come nelle migliori tradizioni del Pd e dei Cinque Stelle.

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