Cronache

Servono leggi speciali. Ma per il terrorismo solo 20 senatori in Aula

Per la politica ferie più importanti dell'emergenza

Militari controllano i turisti all'ingresso del Duomo a Milano
Militari controllano i turisti all'ingresso del Duomo a Milano

La definizione mette soggezione se non paura, evoca dittature e regimi non propriamente democratici. Eppure le «leggi speciali» sono strumento che pur sospendendo o delimitando alcune garanzie erga omnes contenute nelle Costituzioni, sono strumenti efficaci spesso adottati da Paesi senza dubbio democratici per affrontare emergenze contingenti. L'Italia ne ha fatto più volte ricorso e diverse sono tutt'ora in vigore. Famosa quella per combattere il terrorismo che concedeva più poteri a polizie e magistrati nelle regole di ingaggio con presunti brigatisti. Chi veniva sospettato di eversione armata perdeva alcuni diritti in essere per altre tipologie di criminali e, per contrappeso, poteva godere di grandi sconti di pena (fino a un'immunità di fatto) e protezione se avesse collaborato a smantellare l'organizzazione. La cosa si dimostrò vincente al punto che venne adattata per combattere la mafia sanguinaria di Riina e Provenzano, decimata a colpi di pentiti, con l'ambiguo reato di «associazione esterna» e con il carcere duro, un regime ancora in vigore che sospende molti diritti civili e che per l'Europa sconfina addirittura nella tortura. «Legge speciale» è anche quella per debellare la furia degli ultras negli stadi. Il tifoso violento colpito dal cosiddetto «daspo» perde, per esempio, parte della libertà di movimento.

Contro il terrorismo islamico invece nulla o quasi. Il sospetto tagliagole è trattato come un delinquente qualsiasi, e come questi gode di tutte le scappatoie della legge italiana, aggravate dalla lentezza della magistratura. La quale - in quanto a carcerazione preventiva e accanimento giudiziario - è più dura con il politico presunto ladro di galline e con l'imprenditore presunto corrotto che non con l'imam presunto arruolatore di terroristi o con i ragazzotti beccati a fare il tifo per l'Isis. Se avessimo un governo e un Parlamento seri e responsabili, di questo la politica si dovrebbe occupare, invece di versare lacrime di coccodrillo ai funerali delle vittime. Con il reato di «associazione esterna in terrorismo islamico» applicato con la stessa severità - spesso parzialità - usata per le mafie, una buona fetta degli immigrati poco propensi a rispettarci finirebbe in cella o a casa sua. Certo, se - come accaduto ieri - ad ascoltare la relazione del ministro sul terrorismo islamico in Aula ci sono solo venti dei trecento e passa senatori, non andiamo lontano. E quelli, terroristi e simpatizzanti, continueranno a circolare liberamente. E loro sì andranno lontano nel loro folle disegno.

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