Cronache

Che avventura aver ritrovato il mio cane perso tra i monti

Era sparito da sette giorni, tra la nostra disperazione. Ma i social lo hanno trovato. Il finale? A sorpresa

Che avventura aver ritrovato il mio cane perso tra i monti

A lla fine, quando lo carichiamo in auto per riportarlo a casa, Porthos piange. Tecnicamente sono guaiti, ma si coglie chiaro l'addio sconsolato ai boschi che potevano essere la sua tomba, che ha attraversato per sette giorni e sette notti martellati dai temporali, dove più che mangiare ha rischiato di essere mangiato. Ma dove ha assaporato la libertà. Io e mia moglie ci guardiamo, increduli e un po' delusi, ma in fondo ammirati. Per sopravvivere Porthos ha girato un interruttore, è tornato indietro allo status di cane selvatico. Ora si tratta di spostare di nuovo l'interruttore, tornare alla modalità divano-e-pappa pronta. Si abituerà in fretta. Ma diecimila generazioni di avi hanno guidato le sue zampe e lo hanno salvato. Porthos-Zanna Bianca dà l'addio piangendo alla foresta dove non tornerà.

Si era perso la mattina di domenica 7 luglio, sul Passo del Grostè, nel cuore delle Dolomiti di Brenta, duemilacinquecento metri di altezza. Rocce imponenti a perdita d'occhio, i sentieri che partono verso il Tuckett e il Brentei. Se avesse imboccato quella direzione, richiamato magari dal suono di una marmotta, sarebbe morto per il freddo, per la sete, per un crepaccio. Invece ha preso deciso la strada verso giù, nel fondo della foresta sterminata della Val Rendena, dove un umano si perderebbe nell'immensità del verde. Ma non un cane. Porthos è sceso, giorno dopo giorno, guidato da un infallibile istinto di sopravvivenza.

Anche chi non ama i cani può immaginare la paura e lo strazio che in quei giorni regnavano nella nostra famiglia. Ma difficilmente può immaginare la macchina di affetto e di aiuto che viene messa in moto dallo smarrimento di un cane da due lire, un bastardo da canile arrivato tre anni fa dal profondo sud con il nome di Popizza e inevitabilmente ribattezzato Porthos al canile di Cornaredo, Milano. Per salvare questo cane senza valore si sono mossi amici e gente sconosciuta. Il passaparola, i consigli, le foto e i numeri di telefono sparpagliati ovunque - dagli escursionisti che si avviavano verso le ferrate alle ragazze straniere al lavoro nei rifugi, dai carabinieri di Madonna di Campiglio ai figli delle vecchie guide alpine - hanno creato una rete di affetto che ha salvato Porthos: soprattutto perché ha spinto la sua famiglia a non mollare le speranze. Neanche quando si è imbattuta nelle follie della burocrazia: Porthos ha un microchip nell'orecchio, un codice che lo rende identificabile, ma è registrato solo all'anagrafe canina della Lombardia che non dialoga con il database delle altre regioni, neanche con quello del Trentino che pure è una regione confinante. Se proprio volete perdere il vostro cane, dice la burocrazia, cercate di perderlo sotto casa.

Alla fine Porthos lo salvano la tecnologia e l'umanità. La tecnologia sono i social, gli stessi su cui viaggiano il bullismo, le notizie fasulle, le campagne d'odio, ma che mettono gli esseri umani in grado di comunicare tra di loro come mai nella storia. Così in poche ore dalla scomparsa la faccia di Porthos appare su cento pagine Facebook. Una è quella del canile di Trento. Ed è lì che la vede una bella ragazza bionda che lavora alla Malga Mondifrà, a Campo Carlo Magno, chilometri e chilometri di distanza dal punto dove Porthos si è perso. Sabato sera la chiamata: «Non voglio darvi illusioni, ma secondo me è il vostro cane». Non ha più il collare, è ridotto pelle ed ossa, ma è lui.

Ci fiondiamo su. Abbiamo le istruzioni di Pet Detective, un servizio che si rivelerà fondamentale nella fase del riavvicinamento. Ma se le cose dovessero andare male, se Porthos non riapparisse, abbiamo già reclutato Mirko Tomasi, un ragazzo di Rovereto che cerca i dispersi con il suo cane molecolare, e ha percentuali di successo impressionanti. Non ce ne sarà bisogno.

Alla stessa, identica ora in cui era apparso il giorno prima, Porthos torna alla malga. Invece della bionda e dell'osso che gli aveva lanciato la sera prima, vede giù, sul sentiero, una donna e un uomo che gli pare di conoscere. «È Porth...», dice mia moglie prima che la voce le si spezzi. Lui ci pensa un attimo. Dietro di sé ha la libertà, davanti l'amore. Alla fine fa la scelta che un uomo non farebbe.

E con calma, trotterellando, scende a farsi abbracciare.

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