Cronache

Foggia, sfruttamento della prostituzione: ragazze picchiate con corde e cavi

Il capo dell'associazione a delinquere non esitava a percuotere anche un bambino di 4 anni, figlio di una delle vittime

Foggia, sfruttamento della prostituzione: ragazze picchiate con corde e cavi

Nella giornata di sabato 21 dicembre i poliziotti della Squadra Mobile della Questura di Foggia, del Commissariato di San Severo e della Sezione Polizia Stradale di Campobasso, coadiuvati da pattuglie del Reparto Prevenzione Crimine 'Puglia Settentrionale', hanno eseguito due ordinanze applicative della custodia cautelare in carcere. Sono così finiti in manette Donko Georgiev e Andrey Krastev. Per Iwona Barbara Gebska sono invece scattati gli arresti domiciliari. Tutti sono ritenuti responsabili di aver costituito un'associazione a delinquere nel Comune di Lesina (Fg) finalizzata allo sfruttamento della prostituzione, alla riduzione e al mantenimento in schiavitù di un gruppo di ragazze di nazionalità bulgara. Le vittime erano costrette all'esercizio dell'attività di meretricio sulle statali foggiane. Tale ordinanza giunge al termine delle operazioni d'indagine poste in essere nell'ambito di due procedimenti penali connessi, entrambi coordinati dal sostituto procuratore Ettore Cardinali della Direzione Distrettuale Antimafia di Bari.

L'attività investigativa, condotta con l'ausilio di numerosi mezzi, ha dunque disvelato l'esistenza di un sodalizio criminale con base logistica a Lesina e dedito allo sfruttamento della prostituzione. Le donne di origine straniera erano infatti persuase da Donko (capo dell'associazione a delinquere) a giungere in Italia con la promessa di trovare condizioni di vita migliori. Spesso le famiglie di origine delle malcapitate contraevano debiti i quali sarebbero dovuti essere estinti proprio con una non meglio precisata attività lavorativa da parte delle singole ragazze. In alcune occasioni Donko le sceglieva tra le classi meno abbienti di alcuni paesi della Bulgaria e convinceva i loro genitori ad approvare il fidanzamento ed il relativo trasferimento in Italia. La scusa era sempre la stessa: un'agiata esistenza coniugale e un futuro più roseo. Cadute in trappola le vittime una volta arrivate nel nostro Paese venivano obbligate, anche mediante il ricorso a metodi violenti o minacce di ritorsione nei confronti dei membri delle loro famiglie, a prostituirsi lungo la Strada Statale 16 e a consegnare i lauti proventi a Donko.

Numerosi servizi di osservazione e pedinamento hanno chiarito anche i ruoli di Gebska e di Krastev. Ai due spettava il compito di accompagnare le schiave del sesso lungo le piazzole di sosta e di monitorarle costantemente. Tale attività era considerata fondamentale. Più volte, infatti, le ragazze avevano cercato di sfuggire ai loro aguzzini chiedendo aiuto ai numerosi clienti conosciuti durante le ore di lavoro. Spesso le stesse, quando rifiutavano di prostituirsi o guadagnavano poco, erano picchiate brutalmente anche con corde e cavi elettrici. Per mantenere vivo il clima di terrore Donko e i suoi complici, inoltre, non esitavano a percuotere un bambino di 4 anni, figlio di una delle donne sfruttate. Il piccolo conviveva con la madre nella struttura dove, a fine giornata, tutte le vittime venivano recluse. Sfruttamento della prostituzione e riduzione in schiavitù. Queste le pesanti accuse mosse nei confronti dei tre responsabili. Per Donko e Krastev si sono aperte le porte del carcere.

Gebska è finita, invece, ai domiciliari.

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