Cronache

Toh, ecco un uomo molestato e rovinato da una donna

Toh, ecco un uomo molestato e rovinato da una donna

La Tangentopoli del sesso, il Weinstein del Mantovano, l'ennesima conferma del potere maschile che abusa del corpo femminile... bullshit, una caterva di bestialità, roba che in un Paese civile i giornalisti che hanno montato il caso, in assoluta sintonia con il pregiudizio dominante all'epoca della gogna tv e delle interviste anti-molestia, dovrebbero abbandonare il mestiere e ritirarsi in un eremo nel deserto.

Il sindaco di Mantova è innocente, i suoi accusatori non possono dire altrettanto. «Se ho sbagliato nella vita privata dichiara Mattia Palazzi al Giornale devo risponderne alle persone che fanno parte della mia sfera personale. Ciò vale per me, come per ogni cittadino. Non è accettabile che conversazioni private, prive di rilevanza penale, diventino di dominio pubblico con il solo fine di rovinare la reputazione degli avversari. Questo modo di fare politica attraverso esposti giudiziari è una modalità che non mi apparterrà mai». Palazzi è vittima di una donna, e non solo di lei, dopo settimane in cui il fango mediatico, con i suoi danni irrisarcibili, ha lordato il volto di un giovane amministratore locale, da sempre stimato e apprezzato.

Con lui deve scusarsi chi ha manomesso i fantomatici messaggini telefonici, chi li ha diffusi violandone la privatezza, chi ha imbastito accuse infondate, chi ha speculato sulle fandonie, montate ad arte, per macchiare la di lui reputazione e abbatterlo politicamente. Con lui devono scusarsi gli esimi colleghi, giornalisti e commentatori, che non hanno esitato ad ergersi a presunti moralizzatori contro il «sindaco porco», emblema dell'arroganza maschile al potere. Palazzi è stato dipinto come un uomo prepotente e indegno, «Sesso in cambio di favori» è il titolo che ha infestato le cronache nazionali insieme all'immagine di questo primo cittadino noto per la passione politica e per l'entusiasmo nel ruolo ricoperto.

Da un giorno all'altro, Palazzi ha perso il controllo della propria esistenza, come se vivesse la vita di un'altra persona, come se non fosse più lui il protagonista di quel che gli accadeva ma lo spettatore di un Truman show infernale. Alle otto del mattino i carabinieri hanno bussato alla sua porta e hanno perquisito telefonino, tablet, computer. Tentata concussione continuata, un'accusa grave e infamante. Adesso che la procura ha archiviato e Palazzi resta indagato per una fumosa ipotesi di abuso d'ufficio, la vicenda si disvela per ciò che era evidente sin dal principio: una boiata pazzesca, con una presunta concussa che non sporge denuncia e nega di essere vittima, mentre il grande accusatore, consigliere comunale d'opposizione, precisa alla stampa di essere ancora massone, maestro ma non più venerabile.

Un mistero kafkiano che, in un Paese ancora dotato di senso critico e non asservito alla cultura del sospetto, avrebbe imposto a tutti cautela e prudenza. Ma il teorema à la Weinstein era troppo ghiotto per lasciarselo scappare.

Un uomo ha pagato il conto.

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