Cronache

Il sogno americano del vino made in Italy

La favola di Vias Import, che in Usa rappresenta 60 nostre cantine: «All'inizio ci ospitavano solo in birreria. Oggi organizziamo degustazioni al Moma»

Il sogno americano del vino made in Italy

RomaDa trent'anni vogliono dire vino italiano negli Usa. Un ruolo mica da poco: gli States sono infatti i primi consumatori di nettare di Bacco nel mondo, e l'Italia il primo Paese a riempire i calici degli americani. Una bella responsabilità per Vias Imports Ltd che, fondata nel 1983 da Fabrizio Pedrolli, oggi chairman , ha contribuito a cambiare l'approccio dei consumatori americani nei confronti del vino in generale e del vino italiano in particolare. «Quando abbiamo iniziato - ricorda Pedrolli - se volevamo far degustare i nostri vini a possibili clienti dovevamo farlo in birrerie, in posti rimediati. Oggi possiamo farlo al MoMa di New York, oppure al Four Seasons di Los Angeles. E perfino Wine Spectator , la bibbia mondiale del settore, ci richiede campioni per le degustazioni. Qualcosa questo vorrà pur dire». Oggi le etichette italiane sono considerate quasi alla pari dei mostri sacri francesi, «mentre un tempo eravamo per tutti i giorni. Quando un winelover americano aveva un'occasione speciale stappava una bottiglia francese».

Oggi Vias è una realtà notevole: copre tutti gli Stati Uniti con una fitta rete di distributori, fattura 40 milioni di dollari l'anno, importa in America i vini di una sessantina di cantine italiane (nel portfolio ci sono anche cantine di altri Paesi, ma non costituiscono più del 10 per cento del fatturato), appartenenti non solo alle grandi regioni del vigneto Italia come Toscana e Piemonte, ma provenienti da tutto lo Stivale. Anzi, sono proprio territori meno scontati quelli che danno le maggiori soddisfazioni in questo periodo. «Stiamo constatando - spiega Pedrolli - un grande interesse nei confronti dei vini dell'Etna, in particolare del Nerello Mascalese, del bianco Friulano, della Passerina, del Lambrusco, del Bombino, che è un vitigno bianco che arriva dalla Puglia, dell'Incrocio Manzoni, dei vitigni aromatici dell'Alto Adige».

È proprio questo il vanto di Vias, azienda americana ma italiana nel dna: puntare forte sugli autoctoni. «La diversità e la ricchezza di vitigni che si trovano soltanto da noi - constata Pedrolli - sono il vero punto di forza della nostra enologia». Certo, bisogna saperli comunicare. E infatti Vias ha lavorato a progetti innovativi per educare la clientela americana e fargli conoscere l'unicità dei vigneto Italia. «E oggi possiamo definirci orgogliosamente gli ambasciatori del made in Italy nel calice».

Altro orgoglio aziendale, puntare forte su aziende giovani e dinamiche, che vengono guidate per mano alla scoperta del vasto mercato a stelle e strisce in un lavoro che non è solo di rappresentanza e distribuzione ma di vera e propria consulenza. «Così abbiamo fatto conoscere ai winelover di oltreoceano aziende come la trentina Foradori, la piemontese Conterno, la siciliana Planeta, la veneta Romano Dal Forno, la toscana Avignonesi». Aziende che hanno fatto la storia del vino italiano ma che senza Vias forse non sarebbero oggi sulle carte dei ristoranti di Manhattan o Seattle. Oppure di Los Angeles, di Washington, di Boston e di tutto il New England e di Portland in Oregon. Tutte aree dove il vino italiano piace. E tanto.

Ora la sfida è quella di alzare la qualità media dei vini italiani distribuiti negli States . «L'Italia del vino è leader negli Usa - dice Pedrolli - ,a molto di questo primato è ancora lòegato ai vini di servizio, quelli più economici. Ma il consumatore americano sta diventando sempre più istruito e attento alla qualità, quindi il potenziale di crescita è molto alto». Auguri.

Anzi: cin cin.

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