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Sotto torchio l'uomo di Renzi

Appalti e segreti, il ministro è indagato. Dopo Etruria, altro colpo al Giglio magico

Sotto torchio l'uomo di Renzi

Il ministro Luca Lotti è stato interrogato ieri dai pm della Procura di Roma in merito all'inchiesta sulla corruzione alla Consip, la centrale acquisti della pubblica amministrazione. Sarebbe indagato per rivelazione del segreto d'ufficio e favoreggiamento insieme al comandante generale dei Carabinieri, Tullio Del Sette. Lotti non è soltanto il neoministro allo Sport, cosa apparsa ai più incomprensibile; è stato ed è il braccio destro di Matteo Renzi e cofondatore del «Giglio magico» che ha governato incontrastato il Paese negli ultimi anni. Fatta salva la responsabilità personale, dire Lotti è dire Renzi, tanto che l'ex premier ha preteso da Gentiloni che il suo sodale rimanesse in qualche modo al governo (allo Sport!) a presidiare il territorio e garantire gli amici.

Quello che doveva essere l'anno della consacrazione, per il renzismo si sta concludendo in un calvario. Dopo il referendum perso, il crac del Monte dei Paschi e ora pure i pm che scoperchiano il pentolone dei non pochi affari opachi combinati in questi anni. È più di un fallimento, è la prova dell'inadeguatezza e dell'irresponsabilità di Renzi e compagnia. A settembre l'allora premier aveva tranquillizzato gli italiani sul salvataggio del Monte dei Paschi, invitando pure i risparmiatori ad acquistare le azioni della banca senese, che oggi sono carta straccia. Ha preso poi tempo per evitare che un intervento doloroso danneggiasse la sua personale campagna elettorale per il Sì al referendum. Mesi preziosi, durante i quali i correntisti, spaventati dall'immobilismo, hanno ritirato depositi per sei miliardi di euro. Con le casse quasi vuote, oggi per salvare quella sciagurata banca ne servono ancora di più e ogni giorno che passa la cifra cresce.

Renzi, oggi lo sappiamo con certezza, ha anteposto convenienze politiche personali ai doveri del suo ufficio. L'incapacità ha fatto il resto e ora i cocci sono di Gentiloni e di tutti noi. Ci manca solo di scoprire, come ipotizzano i pm romani, che il tempo e il modo di fare gli affari loro i membri del «Giglio magico» l'avevano trovato.

Visti i precedenti di quel clan (Banca Etruria), non mi stupirei.

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