Cronache

Spendiamo 20 milioni di euro soltanto per contare i migranti

Per la gestione dei flussi i programmi si accavallano moltiplicando i costi. E i rifugiati non arrivano al 5%

Spendiamo 20 milioni di euro soltanto per contare i migranti

Si continua senza tregua a chiamarli rifugiati e profughi. Si persevera nell'errore omologando i richiedenti asilo agli immigrati con protezione sussidiaria o agli immigrati tutelati da protezione internazionale come se tutti questi appellativi fossero sinonimi. La realtà invece è ben diversa: anche se ieri si è celebrata la giornata mondiale del rifugiato costoro, in Italia, sfiorano semplicemente il 5%. Gli altri sono migranti economici per i quali, la spesa corrente, potrebbe arrivare a sfiorare i 4,6 miliardi. Già, il perché è facile da individuare: il traguardo degli arrivi ha superato del 26% i primi sei mesi del 2016 e i numeri sono in crescita esponenziale come riporta il cruscotto statistico giornaliero. Ossia lo strumento del ministero dell'Interno che rappresenta i dati relativi agli sbarchi. Ma questo strumento che tiene conto direttamente delle comunicazioni delle singole prefetture sembra non bastare a enumerare gli immigrati.

Il governo ha deciso di mettere ordine tra i numeri in modo più complesso: istituire una sorta di registro con tante categorie. Ed ecco che se si fa la somma dei costi impegnati per contare e rendicontare i servizi ai migranti si superano i 20 milioni. Cifre da capogiro che non riguardano la gestione del cruscotto e le sistemazioni nei centri di accoglienza. Assolutamente no, quelli sono pagati a monte dalle 103 prefetture. Sono altri costi, più sotterranei, cui nessuno ha pensato a meno di non incappare nei meandri delle gare d'appalto indette dal dipartimento libertà civili e immigrazione del Viminale. Per tre anni si spenderanno 1,8 milioni di euro (aggiungendo l'Iva al 22 per cento si arriverà a circa 2,2 milioni) per la gestione del progetto S.i.s.a.m.i. (Sistema informativo servizi dell'asilo, della migrazione e dell'integrazione), un acronimo di tutto rispetto. Sul bando di gara c'è scritto anche che «questo sistema nasce per integrare e implementare il sistema centrale di gestione di tutte le informazioni che riguardano il sistema italiano di gestione accoglienza, asilo e integrazione. Gli apparati hardware e il software saranno installati e configurati presso il dipartimento dl ministero dell'Interno nei centri di Roma e Bari». Siamo in pratica di fronte a una sorta di cervellone che conterrà tutti i dati degli immigrati. Quelli catalogati però. Clandestini esclusi, ovvio.

A questa spesa bisogna sommare la proroga di 4 mesi di un servizio pressoché analogo per la gestione del desk con tanto di sviluppo software (ossia raccolta dati) per altri 372mila euro (iva compresa). Questo altro servizio, per intero, è costato tra il 2014 e il 2016 ben 3,7 milioni (con la solita Iva al 22 per cento si arriva a 4,5 circa). Però la parte del leone nella rendicontazione dei migranti la ricopre l'Associazione nazionale comuni italiani, l'Anci, che attraverso la propria fondazione Cittalia intasca altri 17,7 milioni di euro erogati direttamente dal ministero dell'Interno. Insomma a fianco dell'ammontare dei costi per la gestione diretta dell'accoglienza, in capo a prefetture e capoluoghi di provincia, nonché per la gestione differita e diffusa nei comuni, ce ne sono altri, subdoli, che approfondendo bene rispecchiano una sorta di sistema fotocopia dove tutti gli attori realizzano pressoché le stesse cose quando invece basterebbe un singolo server.

E in questo la tecnologia odierna aiuta eccome.

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