Cronache

Stie, la conferma di una “eccellenza italiana”: abbonamenti in puro stile anni Cinquanta

Tutto fatto a mano, “su misura” e in presenza del cliente. L’azienda di trasporto continua con coraggio a resistere alle lusinghe dell’innovazione e ripropone le tessere di cartoncino che di anno in anno vanno rifatte ex novo. E ogni volta pretende la fotocopia della (stessa) carta d’identità

In epoca di globalizzazione e di “app” che nel giro di un secondo possono fornire tutto a tutti dovunque si trovino nel mondo, volete mettere la soddisfazione di avere un oggetto made in Italy cento per cento che può essere confezionato soltanto a mano, su misura, al momento e in nostra presenza? Un oggetto il cui valore è ulteriormente accresciuto dal fatto che incorpora anche una notevole quantità della risorsa più preziosa per antonomasia, ovvero il (nostro) tempo? Non bisogna essere inguaribili snob, anche se probabilmente aiuta, per apprezzare questa opportunità e riconoscere che il piacere di possedere un oggetto simile, grazie al quale chi ce l’ha può collocare sé stesso nella categoria degli “happy few”, è davvero straordinario. L’esclusività millantata dai grandi brand e dai piccoli produttori del lusso per i prodotti personalizzati che essi propongono ai nababbi del Golfo arabo e ai multimiliardari cinesi fa sorridere al confronto di un oggetto di uso quotidiano ma assolutamente e letteralmente unico. Roba da vip veri, altro che Vacchi o Briatore.

UNA MARCHETTA? FATE VOI E se pensate che questo articolo che state leggendo vada a parare in uno sfacciato consiglio per gli acquisti fate pure, non vi biasimo. Quando si parla di eccellenze italiane di questo livello, correre il rischio di essere additato come marchettaro vale la pena.

Questo oggetto è costituito da due tipi differenti di un materiale tradizionale - risultato di esperimenti, tentativi, prove, fallimenti, studi, ricerche durati millenni - che nulla a che vedere con la plastica ormai impiegata in tutto il pianeta per realizzarne di analoghi. Doveroso aggiungere che è impreziosito da una dicitura degna degli amanuensi benedettini di Monte Cassino. E il suo artefice non è un fascinoso ex broker cinquantenne o un brufoloso ex hacker ventenne che hanno recuperato chissà dove una sofisticatissima tecnologia artigiana medievale e che adesso, abbandonata la metropoli, abitano e lavorano in un bel borgo dell’Appennino, lontano dalle autostrade e dai circuiti turistici di massa. Niente di tutto questo.

LOCOMOTIVA D’ITALIA Il produttore di questo oggetto è una azienda con centinaia di dipendenti basata in Lombardia, la regione più sviluppata del Paese, che opera quindi in un tessuto economico che all’estero giustamente ci invidiano per la sua notevolissima diversificazione merceologica e per la capacità di innovazione, quest’ultima ancora più sorprendente in quanto si tenga bene in conto che è viva e vegeta a dispetto di un sistema educativo che stenta a formare competenze all’altezza delle sfide che la competizione ormai impone a tutte le imprese che hanno per mercato il mondo intero.

Quest’azienda produce una gamma abbastanza ampia di beni standard, diciamo a tecnologia matura, e la distribuisce in modo capillare grazie ai punti vendita diffusi sul territorio. Roba usa e getta o quasi. Ma realizza anche un articolo, destinato a una clientela il cui numero e la cui composizione ogni anno vengono determinati unicamente dalla sorte (cosa che come comprenderete accresce ulteriormente il valore del prodotto in questione) che ancora viene confezionato e commercializzato solo ed esclusivamente in una delle sue sedi principali. Con modalità e strumenti che rimandano al buon tempo andato; diciamo agli anni Cinquanta. E con un’attenzione alla persona di ciascun singolo cliente che lascia sbalorditi anche e soprattutto perché resta costante e immutata nel corso degli anni.

IL TEMPO, OVVERO LA MISURA DEL VALORE DELLE COSE Non siamo esperti delle tecnologie industriali, logistiche e informatiche tipiche del settore in questione ma non ci sentiamo di escludere a priori che quell’oggetto possa essere realizzato anche con materiali, metodi e modelli organizzativi più moderni e con supporti digitali dal costo ragionevole. In ogni caso il problema di sapere se sbagliamo o ci azzecchiamo non si pone, dato che anche per quest’anno i vertici di quell’azienda hanno deciso di restare, costi quel che costi, nel solco della tradizione. Con un coraggio e una tenacia che non sta a noi giudicare, per l’ennesima volta hanno rifiutato ogni ipotesi di innovazione tecnologica e voltato le spalle alle lusinghe dei conseguenti vantaggi economici e risparmi di tempo. Gli uomini che guidano quell’azienda devono essersi detti: anche per quest’anno ciascun cliente deve vedere con i propri occhi come lavoriamo per lui; tutto deve essere fatto qui in sede, a mano, su misura e al momento come Dio comanda; se c’è coda, il cliente deve aspettare con pazienza il suo turno così capirà bene la differenza fra un prodotto fatto con tutto il tempo (del cliente) che ci vuole e uno che in Rete si può comprare con un clic; se la sua (sempre del cliente) attività professionale o i suoi impegni domestici gli impediscono di venire da noi quando siamo aperti, si prenda mezza giornata di permesso o si organizzi con la baby sitter così percepirà ancora meglio il valore di quello che compra da noi; se nel confezionamento qualcosa manca o va storto, dovrà tornare.

A rendere ancora più prezioso quell’oggetto, un po’ di suspense. Ovvero l’incertezza che presso quell’azienda regna su ciò che serve per averlo: secondo qualche dipendente ci vuole la fotocopia della carta d’identità di chi lo compra, secondo altri quella di chi lo userà. Consigliabile, quindi, portarle entrambe. Sì sì, proprio portarle. Infatti la fedeltà alla tradizione e il rifiuto dell’efficienza economica impongono una procedura nella quale neppure il primo passaggio, cioè la richiesta dell’inestimabile prodotto, possa essere effettuato online.

SVELATO IL MISTERO Ma cos’è questo oggetto così pregiato? E come diavolo viene fatto? E’ l’abbonamento annuale per il trasporto extraurbano della Stie riservato agli studenti (gli altri prodotti della Stie ai quali si accennava sopra sono i biglietti singoli e gli altri abbonamenti, acquistabili nei punti vendita abituali). Ed è costituito da un rettangolo 10 per 7,3 centimetri di cartoncino colorato sul quale viene fissata con due punti di spillatrice la foto tessera dell’alunno e sul quale vengono scritti a penna i dati dello stesso. E viene confezionato solo in presenza dell’acquirente, al momento della richiesta debitamente corredata da un’autocertificazione relativa all’iscrizione del fanciullo per l’anno scolastico in corso.

Una volta comprato, direte voi, vale qualche anno. Cinque, per esempio. Macché. Mica s’è parlato a caso, prima, della sorprendente attenzione verso la persona di ciascun cliente che dura nel tempo. L’abbonamento deve essere rifatto ex novo ogni anno. Ma giustamente: se la magia della conquista non si ripetesse, capite bene che il gusto del possesso andrebbe gradatamente scemando fino a perdere ogni connotazione di piacere. Ecco la procedura per il “rinnovo”: l’acquirente che si presenti con l’abbonamento dell’anno precedente può ottenere che la foto venga tagliata e messa su quello nuovo; la Stie non chiede se rispetto all’anno precedente siano intervenuti cambiamenti anagrafici o di altra natura burocratica (più o meno rilevanti dal punto di vista del rapporto contrattuale) ma pretende ogni anno, sempre e comunque, anche se nulla è mutato, la fotocopia della carta d’identità.

SHOW COMPRESO NEL PREZZO Chi scrive nei giorni scorsi ha acquistato l’abbonamento 2017/18. “Mio figlio - ha detto all’impiegata - è iscritto alla quarta liceo. Questa è la quarta fotocopia della mia carta d’identità che vi porto. E’ sempre quella. Fate la collezione?”. Risposta: “No, non facciamo la collezione. La fotocopia va in un altro ufficio, in contabilità”. Acquirente: “E poi? Evidentemente la buttate via”. Impiegata: “No, non la buttiamo via”. Acquirente: “Bene. Ce l’avrete in qualche archivio. Però me ogni anno me la chiedete lo stesso. Un po’ strano. Credo che sarà d’accordo”. Nessuna replica. Questo breve dialogo è avvenuto in presenza di un altro impiegato. L’espressione facciale che ha assunto di colpo, mentre sembrava precipitare da un pianeta incantato e atterrare bruscamente nel mondo della logica, era uno spettacolo.

Compreso nel prezzo dell’”abbonamento vips”.

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