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La strada obbligata

A volte i numeri sono più loquaci di tante congetture. Addirittura possono essere lapidari nel descrivere un rebus senza soluzione

La strada obbligata

A volte i numeri sono più loquaci di tante congetture. Addirittura possono essere lapidari nel descrivere un rebus senza soluzione. È il caso di due dati che riguardano l'immigrazione clandestina nel nostro Paese riferiti ai primi tre mesi di quest'anno: a fronte di 27.280 arrivi ci sono stati solo 1.107 rimpatri. Con ritmi simili, è evidente che nei prossimi mesi la situazione diventerà insostenibile. Soprattutto sono le difficoltà che si riscontrano nell'utilizzo dello strumento del rimpatrio che debbono preoccupare, perché a parte la capacità di bloccare i barconi degli scafisti in partenza, l'unico modo per controllare i flussi clandestini evitando tragedie in mare e, contemporaneamente, dissuadere dal partire chi è privo dei requisiti per essere accolto, è l'efficienza della macchina statale nel rispedire gli immigrati nei loro Paesi di origine. Non ci sono alternative.

E purtroppo le cifre parlano chiaro ad oggi il meccanismo non è all'altezza della situazione. Sia per i tempi, sia per l'organizzazione, sembra un cane che si morde la coda. Solo che fino a quando l'Europa non si darà una mossa e non si riuscirà a creare una rete di relazioni per bloccare i barconi prima che si mettano in mare, l'Italia dovrà provvedere da sola e puntare in particolar modo sui rimpatri. Ecco perché è necessario snellire le procedure legali e giudiziarie per identificare i clandestini e decidere del loro futuro: più i tempi sono lunghi e più si creano le condizioni per un'accoglienza di fatto. Anche perché non abbiamo strutture capaci di gestire la permanenza sul nostro territorio per impedire che gli immigrati clandestini dopo qualche mese si dileguino. Anche da questo punto di vista i dati sono disarmanti: oggi in tutta Italia ci sono solo dieci centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr) che possono ospitare fino a 1378 persone. Una goccia nel mare, se si pensa ai numeri degli sbarchi di questi mesi. Inoltre in quei centri i clandestini non possono restare più di tre mesi, tant'è che nel 2021 è stato rimpatriato solo il 49,7% delle persone ospitate nei Cpr.

Sono tutti limiti che forse suggeriscono l'idea di mettere in piedi un'organizzazione ad hoc che si occupi esclusivamente del problema dell'immigrazione, dato che non si tratta di un'emergenza ma di un problema che ci accompagnerà nei prossimi decenni. Più o meno come avviene in altri Paesi a cominciare dagli Stati Uniti. Una struttura specializzata che punti a contenere l'immigrazione clandestina gestendo anche i rimpatri (ci vogliono accordi con i Paesi d'origine) e a regolare i flussi di quella legale tenendo conto della capacità di accoglienza (posti di lavoro, etc.) del nostro Paese. Insomma, un organismo con mezzi e risorse che affronti tutte le problematiche. Una struttura organizzata in modo tale che non cambi politica a seconda del colore del governo del momento. Affrontando il tema dell'immigrazione secondo logiche concrete e pragmatiche e spogliandola di ogni aspetto ideologico.

Anche perché le ideologie non risolvono i problemi, semmai li creano.

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