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Sulla pistola c'è l'impronta

L'ex presidente riscrive la storia: fu Berlusconi a volere la guerra in LIbia. Ma i fatti lo smentiscono

Sulla pistola c'è l'impronta

Sarà che andando in là con gli anni la memoria perde colpi, sarà che è nel dna dei comunisti riscrivere la storia a loro piacimento, sarà che ci deve essere un motivo per cui l'uomo in questione è anche noto nel mondo politico come «il coniglio», sta di fatto che Giorgio Napolitano, presidente emerito della Repubblica, ancora una volta cerca di mischiare le carte e scaricare le colpe. È successo che in una intervista concessa ieri a La Repubblica ha sostenuto che non fu lui ma il governo Berlusconi a volere il coinvolgimento militare dell'Italia nella sciagurata campagna del 2011 contro il governo libico, conclusa con l'uccisione di Gheddafi e l'inizio del caos che ha generato l'invasione di immigrati in Italia e nell'Europa intera.

Non è la prima volta che Napolitano fugge da se stesso carico di vergogna. Il caso più clamoroso fu quando nel 1956 si schierò con l'Unione sovietica a favore della repressione della rivolta del popolo ungherese contro la dittatura comunista. Fu un bagno di sangue, del quale si pentì solo anni dopo. Oggi, sul caso Libia, non ci sono pentimenti né scuse ma il tentativo di addossare al presidente Berlusconi scelte che furono esclusivamente sue. Eravamo nel marzo del 2011, Napolitano già brigava per fare cadere il governo in carica con l'appoggio di Sarkozy e di altri leader esteri. La situazione libica, per mano francese, precipitò la sera del 17 quando lui e tutto il governo erano all'Opera di Roma per assistere al concerto per i 150 anni della Repubblica. In un salotto del teatro venne convocato un vertice d'emergenza dal quale io c'ero Berlusconi uscì scosso. Mi incrociò e mi disse: «Quello è impazzito, vuole bombardare Gheddafi, io non ci sto, stanotte mi dimetto».

Cosa convinse Berlusconi a non mollare non lo so. Sappiamo però che in quel momento il suo governo era debole (cadrà dopo pochi mesi) e sotto attacco del Colle. Alla fine, con non poca sofferenza anche personale, l'allora premier e il suo governo concessero il minimo, cioè l'uso delle basi aree agli alleati. Dire oggi che «non decisi io ma Berlusconi» è veramente da «coniglio». All'allora premier, quella notte, Napolitano puntò la pistola alla testa. Per di più una pistola armata dalla Francia, dall'Inghilterra e dall'America di Obama.

È inutile e triste che oggi, per l'ennesima volta, nasconda la mano.

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