Cronache

Suor Teresilla, l'angelo delle carceri

Chiara Barillà, nota a tutti come suor Teresilla, creò solidi rapporti con interlocutori di ogni risma tra i quali i più grandi protagonisti degli "Anni di piombo"

Suor Teresilla, la nuova puntata del podcast

Storie incredibili, dalla seconda guerra mondiale alla Prima Repubblica, tra depistaggi, doppiogiochismo, fiumi di denaro e morti sospette. Professione 007 è la serie podcast nata dalla collaborazione tra Dark Side – storia segreta d’Italia e ilGiornale.it. Una nuova puntata qui ogni martedì alle 14.

Le tre e mezza di notte. Una fila di persone cammina sulla via Ardeatina illuminata dalla luce delle fiaccole. Sono in pellegrinaggio verso il santuario del Divino Amore. A capofila, come negli ultimi 24 anni, una suora minuta sta recitando il rosario quando - all’improvviso – due fari squarciano il buio. Una Renault Twingo sbucata dal nulla la centra in pieno, scagliandola in aria. Quando tocca l’asfalto, Chiara Barillà, da tutti conosciuta come suor Teresilla – l’angelo delle carceri, è già morta.

Nata nel 1943 in provincia di Reggio Calabria, Teresilla diventa suora nella Congregazione delle Serve di Maria Riparatrice. Diplomatasi come infermiera, viene assunta nell’ospedale San Giovanni di Roma, dove presterà servizio fino alla morte. Alla sua attività in ospedale, Teresilla affianca quella di volontaria nelle carceri. Sono anni difficili, anni che passeranno alla storia come “Anni di piombo”, e la giovane suora entra in contatto con molti detenuti politici e con alcuni tra i protagonisti dei maggiori fatti di sangue dell’epoca: terroristi di destra e di sinistra, appartenenti alle Brigate rosse come Morucci, Curcio, Franceschini e Faranda; membri Autonomia operaia come Franco Piperno e di Potere Operaio come Toni Negri, ma anche militanti dei NAR come Mambro e Fioravanti.

In questa sua attività, svolta spesso accanto a padre Adolfo Bachelet, fratello di Vittorio, il Vice Presidente del Csm assassinato dalle Brigate rosse il 12 febbraio 1980, suor Teresilla intreccia solidi rapporti con interlocutori di ogni risma. Non solo terroristi e delinquenti comuni, ma anche uomini dello Stato come Pertini, Cossiga, Andreotti, Piccoli, De Mita e molti altri. Nel 1985, Teresilla arriva nel carcere di Paliano, piccola comunità del frusinate. Tra i detenuti politici c’è Valerio Morucci, il compagno Matteo, tra i protagonisti del rapimento e della detenzione di Aldo Moro.

La Commissione Moro II avrebbe in seguito accertato che, in quell’occasione, suor Teresilla avrebbe svolto il ruolo di intermediaria tra il terrorista e l’allora neo-presidente della Repubblica Francesco Cossiga. A testimoniarlo, un appunto che Cossiga trasmette all’allora ministro dell’Interno, Oscar Luigi Scalfaro, in cui sostiene che i brigatisti Morucci e Faranda “attraverso una fonte riservata, una certa suor Teresilla”, stessero cercando un contatto con lui per raccontare - in via riservata - la verità sulla vicenda Moro.

Che il rapporto tra suor Teresilla e Francesco Cossiga fosse molto stretto lo certifica un fatto: è proprio lei – attraverso il vicedirettore del quotidiano Il Popolo, Remigio Cavedon, a fargli avere, il 13 marzo 1990, il famoso Memoriale Morucci, il documento scritto dal compagno Matteo nel carcere di Paliano che, ancora oggi, viene considerato la verità “ufficiale” sul sequestro e sull’uccisione di Aldo Moro. Insieme al memoriale, un biglietto di accompagnamento che recita “Solo per Lei Signor Presidente, è tutto negli atti processuali, solo che qui ci sono i nomi. Riservato (1986)”.

Quando però la Digos entra in casa di suor Teresilla, sul tavolo della cucina trova una delle tre copie che le erano state consegnate da Morucci e che lei aveva conservato. A verbale, la religiosa fa mettere che si tratta di «un volume redatto a principiare dal 1984 dal noto Br Valerio Morucci e concernente la storia del sequestro Moro». Uno scarto di due anni inspiegabile. Come inspiegabile è il fatto accertato dalla Commissione Moro II: e cioè che nel luglio 1988 «una copia del “memoriale” identica a quella che sarà resa nota nel 1990 era già stata acquisita dal SISDE».

Ma le stranezze non finiscono qui. In un’udienza del Moro Quater, nell’ottobre del 1991, Teresilla minimizza, dicendo che l’idea di stilare il memoriale sia nata quasi per caso: «Parlando, tra le altre cose abbiamo detto…se ne mandiamo una copia a Cossiga, tu (Morucci, ndg) che pensi? Insomma, è stata una cosa così». Peccato che a smentirla ci pensa l’autore stesso del Memoriale. Interrogato dal pubblico ministero, che gli chiede come sia maturata la decisione di mandare lo scritto al presidente Cossiga, Morucci risponde: «Non è stata una mia decisione».

A nutrire perplessità sul ruolo svolto realmente da suor Teresilla sono anche alcuni famigliari delle vittime. In un’intervista del 2007 a Il Giornale, Maurizio Puddu, fondatore dell’Associazione delle Vittime del Terrorismo, esprime la sua opinione senza mezzi termini: «Secondo me aveva tutte le stimmate tranne quelle della religiosa. Volle incontrarmi in un caffè di Roma, zona piazza Venezia. Mi faceva strane domande sull’associazione, insisteva perché intervenissi in favore dei terroristi detenuti. Ebbi l’impressione lavorasse per i servizi segreti».

Probabilmente solo un’impressione. Probabilmente...

non lo sapremo mai.

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