Cronache

Il Tar dà ragione ai cittadini: a Terrasini nessuna stazione di rifiuti

La prima sezione del Tar di Palermo dispone in favore di un gruppo di cittadini, residenti e imprenditori l'illegittimità nella costruzione di una stazione di compostaggio dei rifiuti in un'area agricola tra due riserve Wwf e una zona a forte vocazione turistica

La contrada Paterna nel comune di Terrasini
La contrada Paterna nel comune di Terrasini

Non ci sarà nessuna discarica a Terrasini, località balneare a 40 chilometri da Palermo. Alla fine la lunga battaglia legale del comitato per la salvaguardia del territorio ha vinto la più dura delle partite. Ma per spiegare meglio cosa è successo in questi angolo di Sicilia bisogna fare un passo indietro. Siamo nell'ultimo polmone verde del territorio, un'area agricola tra i comuni di Partinico, Montelepre, Giardinello, Trappeto e Carini ma ricadente a tutti gli effetti nel territorio di Terrasini, in contrada Paterna, tra distese di verde agricolo e la scogliera mozzafiato di Calarossa. Qui si è provato a costruire una stazione di compostaggio e stoccaggio dei rifiuti. Il rischio era che la zona diventasse, nel giro di qualche mese, una vera e propria area di stoccaggio di rifiuti di tutto il circondario. I residenti per tre anni hanno lottato e difeso strenuamente il territorio, guidati dall'avvocato Carlo Pezzino Rao legale del Comitato Paterna Zucco, che ha condotto un gruppo di cittadini contro la realizzazione di una stazione dei rifiuti.

A dire il vero la stazione ha avuto, in un primo momento, tutti i pareri favorevoli per la realizzazione di un impianto di produzione di compost di qualità e stoccaggio di rifiuti non pericolosi. Nel 2016 il Dipartimento ambiente della Regione siciliana ha rilasciato un giudizio di non assoggettabilità sull'impianto perché dai documenti presentati agli uffici regionali si trattava di un semplice impianto di compostaggio. Un anno dopo la stessa amministrazione comunale di Terrasini, che si era detta prima favorevole e poi contraria al progetto, ha rilanciato sostenendo l'impraticabilità di una stazione di rifiuti che avrebbe potuto compromettere la vocazione turistica dell'area determinando un ingente danno di tipo economico per l'immagine di Terrasini.

Di carta bollata in carta bollata, la battaglia legale è andata avanti per mesi. L'ultimo atto, lo scorso 19 ottobre con un ricorso al Tar, che ha di fatto impugnato i provvedimenti deducendone l’illegittimità. I giudici hanno riconosciuto che non si è tenuto adeguatamente in considerazione che la stazione sarebbe nata come deposito di stoccaggio dei rifiuti e che "non ha adeguatamente considerato che l’impianto medesimo – secondo le non contestate evidenze processuali - è destinato a trattare, tra l’altro, metalli misti, rifiuti combustibili e rifiuti urbani non differenziati: peraltro in zona a forte vocazione naturalistica, turistica ed interessata da colture agricole".
Il principio di cautela o di precauzione "richiede che anche in assenza di accertamenti scientifici univoci sui danni causati da una certa attività, siano adottate misure idonee per contenere lo svolgimento di tale attività, potenzialmente pericolosa, entro limiti cautelativi. L’aumento delle occasioni di rischio conseguente allo sviluppo tecnologico e dei processi produttivi - si legge nella sentenza -, pone infatti il diritto di fronte all’interrogativo circa le forme giuridiche più idonee a prevenire le conseguenze dannose delle attività potenzialmente rischiose, e a ripartirne socialmente le conseguenze ove l’attività di prevenzione sia stata insufficiente".

Da qui la decisione di fare un passo indietro per salvaguardare il territorio da un possibile rischio ambientale.

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