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La telefonata segreta tra Salvini e Di Maio

O siamo alla vigilia della prima vera crisi del governo gialloverde o siamo all'inizio di una lunga stagione di quotidiana presa per i fondelli dell'opinione pubblica

La telefonata segreta tra Salvini e Di Maio

I casi sono due. O siamo alla vigilia della prima vera crisi del governo gialloverde o siamo all'inizio di una lunga stagione di quotidiana presa per i fondelli dell'opinione pubblica. Propendo per la seconda ipotesi, perché il collante di questo governo non è fare le cose, promesse o necessarie, ma solo mantenere alto il consenso presso i rispettivi elettorati. Non è necessario quindi che la gente dica «bravo che hai fatto», per loro è sufficiente incassare quotidianamente un più semplice «bravo che hai detto». Così in queste ore mentre Matteo Salvini annuncia che la nave della Guardia costiera italiana Diciotti, al largo da giorni con il suo carico di 177 immigrati raccolti in mare, non attraccherà mai in un nostro porto (e giù gli applausi dei leghisti) il suo collega Cinquestelle Toninelli fa sapere di avere autorizzato lo sbarco a Catania (applauso dei grillini). Mettetevi nei panni del povero comandante della Diciotti. A chi dare retta? Al ministro dei Porti o a quello degli Interni? Stessa cosa per la tragedia di Genova. Sarà revocata la licenza ai Benetton e statalizzata la società Autostrade? Per Di Maio sicuramente sì, per la Lega certamente no come annunciato ieri da Giancarlo Giorgetti, braccio destro di Salvini.

Posizioni opposte su temi così cruciali dovrebbero fare presagire se non crisi almeno una imminente verifica di governo. E invece tutto va avanti come se nulla fosse tra amichevoli pacche sulle spalle e complimenti reciproci. Segno che siamo di fronte al più banale del gioco delle parti. Mi immagino una telefonata tipo di questi giorni tra Di Maio e Salvini. «Ciao Luigi, scusa il disturbo. Non ti arrabbiare ma sto per dire che la Diciotti non toccherà mai il suolo italiano e che piuttosto la faccio affondare. Facciamo un po' di scena poi sistemiamo le cose». Risposta: «Figurati Matteo, non c'è problema. Già che ti sento, sto per dire che compriamo noi le autostrade, so che è una cavolata ma mi serve per tirarmi un po' su nel sondaggio di Mentana di domani sera».

Esagerato, paradossale? Non tanto, comunque meno di quello che uno possa pensare. Domanda. Quanto ci è costato tenere la Diciotti in mare aperto per giorni, e quanti centinaia di milioni (anche di piccoli risparmiatori) sono stati bruciati in Borsa per l'incertezza sul futuro delle autostrade? Risposta: chi se ne frega, quel che conta è il gradimento degli italiani. Domani - fin che dura - è un altro giorno, un altro selfie, un'altra balla.

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