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Toh, il giudice ammazza-Cav era in piazza con i grillini

Toh, il giudice ammazza-Cav era in piazza con i grillini

Dal tribunale a tribuno delle folle anti-casta. Il passo è stato brevissimo. Probabilmente una conseguenza logica. Antonio Esposito, presidente emerito della Cassazione - oggi in pensione - ha tenuto un accorato comizio in Piazza Navona contro il Rosatellum. Di più: l'ex magistrato si è rivolto direttamente ai senatori grillini (verso i quali nutre evidentemente qualche simpatia) invitandoli all'Aventino, cioè ad abbandonare i lavori parlamentari in segno di protesta. Sia chiaro: quando uno mette la toga in naftalina è libero di fare quello che più gli piace. Ma c'è anche un galateo delle istituzioni. Un rispetto delle opportunità. Perché Esposito non è un giudice qualunque, ma il giudice che nel 2013 ha emesso la discussa sentenza di condanna definitiva per Silvio Berlusconi e che l'ha pure spifferata in anticipo al Mattino di Napoli. Per essere chiari: è quello che lo ha fatto fuori dalla vita politica del Paese. E ora ce lo ritroviamo, microfono alla mano, a sbraitare con toni da Masaniello contro le istituzioni e contro una legge elettorale appoggiata anche dal partito guidato da Silvio Berlusconi.

Allora ci vengono due sospetti sicuramente maligni. Primo: sarà mica vagamente ossessionato dal Cavaliere? Anche perché nel suo comizio si è rivolto proprio a quei grillini che hanno tentato, non più di venti giorni fa, di infilare nel Rosatellum un cavillo ammazza-Berlusconi. Secondo: ogni pensionato è libero di esprimere le proprie opinioni, ma è anche legittimo sospettare che queste opinioni le abbia avute pure prima. Non saranno mica nate dal giorno alla notte? E questo ci fa vedere tutta la sua carriera giudiziaria sotto una luce diversa.

In un Paese normale questa commistione tra magistratura e politica sarebbe un'anomalia. Nel nostro, invece, c'è qualcuno che continua a costruire i ponti tra due mondi che non dovrebbero contaminarsi. Facciamo un passo indietro di una decina di anni. Era il 2007, Grillo gigioneggiava sui palchi sproloquiando di politica ma il Movimento 5 Stelle era ancora di là da venire. In compenso aveva preso ad armeggiare con la Rete e aveva inaugurato il suo blog, grazie ai buoni uffici di tal Gianroberto Casaleggio. Ma nel frattempo nella scuderia digitale del futuro guru pentastellato era stato reclutato un altro cavallo di razza: Antonio Di Pietro. Che, toh, era un ex magistrato. Tutto nacque da una toga e tutto è proseguito in quel solco. Ma i flirt tra toghe e Cinque Stelle sono moltissimi. Corteggiatissimo l'ex presidente dell'Anm Piercamillo Davigo, al quale avrebbero pensato di offrire la carica di presidente del Consiglio in un loro ipotetico governo. Offerta rispedita al mittente, ma nelle posizioni manettare del M5S ci sono moltissimi spunti liberamente tratti del pensiero davighiano. Ancora più chiara la liaison col magistrato Nino Di Matteo candidato in pectore prima al ministero della Giustizia e poi a quello degli Interni. Ma tra i giudici amici del Movimento si può aggiungere anche Sebastiano Ardita, idolo indiscusso di Luigi Di Maio ed erede morale di Davigo, col quale ha scritto anche un libro dal titolo chiarissimo: «Giustizialisti. Così la politica lega le mani alla magistratura».

La sinistra di un tempo voleva fare il partito dei giudici, i grillini un partito di giudici, nel senso che è proprio «fatto» da loro. D'altronde è logico: dove hanno amministrato i loro uomini sono stati indagati e quindi hanno deciso che la cosa migliore è suicidare la politica e dare direttamente il potere ai giudici.

Non tira un bel vento di democrazia.

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