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Trappola dei grillini a Matteo. Basta un avviso per cadere

Il M5s evoca già novità sul fronte giudiziario. Ma il vicepremier prepara la vendetta sulla Tav

Trappola dei grillini a Matteo. Basta un avviso per cadere

A far male non è solo la sconfitta, tanto annunciata quanto pesantissima, incassata da un Matteo Salvini, costretto suo malgrado ad accettare, quasi silente, l'imposizione di Giuseppe Conte e Luigi Di Maio. Perché il dimissionamento di Armando Siri suona anche come un gigantesco avvertimento al leader della Lega. Da oggi in avanti, infatti, qualunque inchiesta giudiziaria potrebbe dare il la a una richiesta di dimissioni, che si tratti di un semplice sottosegretario o di un ministro. E condizionare inevitabilmente i destini del governo e gli equilibri della maggioranza gialloverde. È su questo tasto, non a caso, che insiste il tam tam grillino che rimbalza dal Transatlantico. Dove più di un deputato Cinque stelle evoca imminenti novità sul fronte giudiziario. C'è chi guarda alla procura di Reggio Calabria, chi a quella di Milano, chi a quella di Roma, che ha già aperto il fascicolo su Siri. E proprio quest'ultima - raccontano nel M5s - potrebbe avere puntato i riflettori sullo stesso Salvini o su Giancarlo Giorgetti. Solo rumors, certo. Ma non è un caso che nella Lega ci sia chi ipotizza un asse tra i Cinque stelle e alcune procure. Di sicuro, Di Maio e compagni stanno cavalcando a più non posso le disavventure giudiziarie del Carroccio. Al punto che martedì il vicepremier grillino e il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede hanno convocato una conferenza stampa ad hoc «alla luce degli arresti» che in Lombardia «hanno coinvolto anche alcuni politici» e dei «recenti casi di corruzione emersi». Che un Guardasigilli si esponesse fino a commentare arresti di politici risalenti a poche ore prima è una cosa che non ha precedenti. E che la dice lunga su quanto il M5s abbia deciso di investire sulla cosiddetta «questione morale», colonna portante dei Vaffa-day delle origini.

Al di là delle dichiarazioni di circostanza, dunque, il rapporto tra Lega e M5s sembra irrimediabilmente compromesso. «Non ho capito perché Matteo non ha scaricato Siri, chissà cosa c'è dietro...», l'ha buttata lì Di Maio quasi a lasciare intendere chissà quale non detto. Parole alquanto equivoche e che, guarda un po', ieri alla Camera venivano rilanciate rigorosamente off the records da più di un grillino.

Dopo la vicenda Siri e la maxi inchiesta della Dda di Milano che vede indagato anche il governatore della Lombardia Attilio Fontana, il tentativo è dunque quello di far passare la Lega come un partito nel mirino della magistratura. Salvini lo ha ovviamente capito. Così ieri ha deciso sì di difendere Siri, ma con toni bassi e senza cavalcare la vicenda. «Non ho ceduto io, la scelta spettava al presidente del Consiglio e al presidente della Repubblica. E comunque sottosegretario in più o sottosegretario in meno, il governo va avanti», ha ripetuto più volte. Per poi concentrare la comunicazione della giornata su tutt'altro fronti: prima l'incontro al Viminale con il ministro degli Esteri brasiliano del governo Bolsonaro, poi un faccia a faccia con il presidente nazionalista serbo Aleksandar Vucic e infine una telefonata con il premier israeliano Benjamin Netanyahu. Quasi un'agenda da premier. A cui, fanno sapere i suoi, seguirà una due giorni di comizi tra Marche, Abruzzo e Calabria (tra oggi e domani saranno almeno sette). Il messaggio è chiaro: Salvini tira dritto. E ora punterà tutto sui temi concreti, dalla flat tax alla Tav. Proprio l'alta velocità potrebbe finire con un emendamento nel Decreto Sblocca cantieri. E se il M5s dovesse opporsi quello sì potrebbe essere un tema su cui alzare le barricate ed andare allo scontro frontale. Di certo, c'è che il dialogo sia con Conte che con Di Maio si è ormai interrotto. Dopo le ultime settimane di guerriglia, infatti, il leader grillino ieri ha riservato a Salvini l'ultimo affronto.

Invece di concedergli l'onore delle armi e andare all'incasso in silenzio, Di Maio si è presentato da solo nella sala stampa di Palazzo Chigi e ha messo la faccia su quella che con ogni evidenza è la sua prima vera vittoria sul leader della Lega.

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