Cronache

Uccisa dopo denunce non ascoltate. La Cassazione: i pm risarciscano gli orfani

La Suprema corte dà il via libera al riconoscimento della responsabilità civile delle toghe che non diedero seguito alle segnalazioni di Marianna Manduca, assassinata dall’ex marito nel 2007 a Palagonia (Catania). Accolto il ricorso dei figli minorenni della donna

Uccisa dopo denunce non ascoltate. La Cassazione: i pm risarciscano gli orfani

È importante perché, mentre divampano le polemiche sulla riforma della giustizia e sulla responsabilità civile dei magistrati, stabilisce che le toghe, se riconosciute negligenti, devono pagare. Ed è anche importante perc hé riconosce il diritto di accedere al risarcimento agli orfani, minorenni, della vittima, che aveva presentato ben 12 denunce contro il suo ex marito, che poi l’ha assassinata.

È una sentenza storica quella con cui qualche giorno fa la Cassazione ha accolto il ricorso degli orfani di Marianna Manduca, vittima ante litteram di quello che oggi si chiama femminicidio, ammazzata a coltellate nel 2007 dall’ex marito, Saverio Nolfo a Palagonia (Catania). La Suprema corte ha accolto il ricorso con il quale lo zio, tutore dei tre adolescenti che vivono con lui nelle Marche, ha chiesto di ribaltare il verdetto dei giudici di Messina, che avevano detto che il ricorso alla legge Vassalli sulla responsabilità civile era impossibile perché erano trascorsi più di due anni dalla morte della donna, il 3 febbraio del 2007. La Suprema corte, invece, ha dato ragione agli orfani, rappresentati dall’ex avvocato antimafia Alfredo Galasso, stabilendo invece che il ricorso dei figli della donna è ammissibile.

Un delitto annunciato, quello di Marianna Manduca, 32 anni, il 3 ottobre del 2007. Molte aggressioni da parte dell’ex marito, con cui era in lite per l’affido dei figli, erano avvenute in pubblico. E lei, ripetutamente, le aveva denunciate. Purtroppo senza esito. Il delitto in strada. Nolfo l’ha aggredita a coltellate, ferendo anche gravemente il padre di lei. L’uomo, per l’omicidio della moglie e il tentato omicidio dell’ex suocero, è stato condannato a vent’anni.

Ad intentare la causa contro i giudici che non hanno dato seguito alle denunce di Marianna Manduca un cugino della donna, lo «zio» che ha accolto in casa come figli i bambini della coppia e che dal 2010 è il loro tutore. L’inghippo adesso risolto dalla Cassazione sta proprio nelle date. I giudici di Messina, cui l’uomo si era rivolto in prima battuta, avevano detto che la richiesta di risarcimento in virtù della legge del 1988 sulla responsabilità civile dei magistrati, presentata dagli orfani non era ammissibile perché erano trascorsi più di due anni dalla morte della madre. La Suprema corte ha invece riconosciuto che non si poteva rispettare tale termine, visto che lo zio è tutore dei tre bambini solo dal 2010.

La Cassazione ha stabilito che l’azione risarcitoria è «legittimamente» esercitabile, e parla, riferendosi alle toghe che non hanno dato corso alle denunce, di «negligenza inescusabile». Soddisfatto l’avvocato Galasso, che difende i tre orfani con l’avvocato Licia D’Amico: «Come prevede la legge - dicono i due legali - sarà lo Stato a pagare per la tragica negligenza della procura di Caltagirone. Tuttavia, la decisione segna una svolta in un momento in cui è in discussione il disegno di legge del ministro Orlando proprio in materia di responsabilità civile dei magistrati.

Finalmente, anche in questa direzione, un atto di giustizia».

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