Cronache

Ucraina, incubo carestia mondiale: "Dall’Africa a milioni verso l’Italia"

La guerra in Ucraina mette a rischio i raccolti. Le navi bloccate nel Mar Nero. Si alzano i prezzi del grano: si rischia l'instabilità politica in Africa

Ucraina, incubo carestia mondiale: "Dall’Africa a milioni verso l’Italia"

Immaginatevi un effetto domino. Oppure il classico battito di ali di una farfalla. Il discorso con cui Putin il 24 febbraio scorso ha dato il via alla “operazione speciale” in Ucraina sarà decisamente meno poetico di un innocuo insetto. Ma l’effetto è quello. Rincari dell’energia. Blocco delle catene di approvvigionamento. Paralisi del “granaio d’Europa”. Aumento dei prezzi delle materie prime. Inflazione. Crisi economica. Recessione. Carestia.

L'aumento dei prezzi alimentari

Un domino, appunto. Che il World Food Programme (WFP) non ha esitato a chiamare una “catastrofe di portata globale". Non solo per i milioni di profughi che scappano dalle bombe russe. Ma anche e soprattutto per gli effetti che il conflitto potrà avere sull’Africa, in Medio Oriente e in altri luoghi del mondo che sono già al limite della carestia e che ora rischiano di piombarci.

Partiamo dai dati: secondo la Fao l'indice dei prezzi alimentari, che tiene conto delle variazioni mensili sui beni di prima necessità, è aumentato del 12,6% rispetto a febbraio, che già era il livello più alto mai raggiunto dall’inizio del 1990. Nella pratica, ad esempio, significa che il WFP è stato costretto a ridurre le razioni di cibo che invia alle popolazioni più povere in Africa, in Yemen o in Siria. Molto dipende dal prezzo cereali: la guerra in Ucraina ha fatto aumentare del 17,1% il loro prezzo, in particolare grano, avena orzo, mais e olio di semi di girasole. Per l’Occidente questo significa un aumento di qualche centinaia di euro nel carrello della spesa: ci cibiamo di prodotti “lavorati” in cui la materia prima è solo una parte del costo finale. Ma per milioni di persone il singolo chicco di grano rappresenta buona parte del fabbisogno quotidiano e del costo che sostiene per portare in tavola calorie.

Le rivolte in Nord Africa

Il motivo dei rincari è semplice: “La guerra in Ucraina colpisce il primo e il quinto esportatore di cereali nel mondo”, spiega al Giornale.it Eugenio Dacrema, analista economico del WFP. Messe insieme Kiev e Mosca rappresentano il 30% del grano mondiale, il 20% del mais e l’80% dell’olio di semi di girasole. “Sono Paesi che alimentano direttamente Stati molto fragili dal punto di vista dell’approvvigionamento alimentare, come i Paesi del Nord Africa e dell’aerea Mediorientale. Luoghi già al limite della carestia e che uno squilibrio prolungato, come rischia di essere la guerra in Ucraina, potrebbe portali nel baratro. A preoccupare è il raccolto di primavera: quello che viene seminato adesso e raccolto in estate”. Se infatti per ora il problema riguarda la catena di distribuzione, con le navi cargo del Mar Nero bloccate o rallentate dalle operazioni militari, qualora l’Ucraina non riuscisse a tornare a seminare, allora lo squilibrio potrebbe essere devastante. “Abbiamo casi come l’Egitto, la Tunisia, la Giordania e il Libano che importano oltre il 50% del fabbisogno”. I governi hanno scorte per tenere botta, al Cairo dovrebbero bastare per quattro mesi, ma dopo? Cosa succederà?

Cina e Russia possono affamare l'Africa

Il timore è che si verifichi quanto già successo nel 2011, quando l’aumento dei prezzi alimentari provocò quelle che oggi chiamiamo Primavere Arabe. “Il Paese che mi preoccupa di più è la Tunisia - insiste Dacrema - che si trova in un momento economico e politico molto fragile, non ha particolari stock di grano e nel Paese già si vedono mancanze di prodotti alimentari”. La situazione, già traballante, può essere facilmente aggravata da Cina e Russia che, dice Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura, “sono in grado di affamare l’Africa”. “Se domani Pechino o Mosca decidessero di mettere in difficoltà l’Africa potrebbero ridurre ancora di più le loro esportazioni, se non bloccarle, e questo provocherebbe un’ulteriore carenza e aumento dei prezzi. Conosceremmo allora veri e propri esodi verso l’Europa di persone che scappano dalla fame”.

Putin minaccia: arriveranno altri migranti

Non è un caso, forse, se il 31 marzo Putin, nel condannare le sanzioni occidentali, ha fatto presente che “alla crisi alimentare seguirà inevitabilmente l’ennesima ondata migratoria, anche e soprattutto verso i paesi europei”. Una minaccia resa ancor più “pratica” con l’invito rivolto ai produttori russi di ridurre le esportazioni verso l’esterno.

Per evitare quella che sia Biden che Macron ritengono possa trasformarsi, tra 12-18 mesi, in una vera e propria “carestia”, il mondo Occidentale dovrebbe riuscire ad aumentare la produzione alimentare. Canada e Stati Uniti si sono detti pronti ad incrementare gli sforzi. Lo stesso potrebbero fare Francia e Australia. A preoccupare sono invece Paesi come l’Argentina e l’Ungheria che hanno ridotto, o solo minacciato, le loro esportazioni. L’Europa, dal canto suo, ha “sbloccato” migliaia di ettari incolti (200mila solo in Italia). Ma non è detto basterà. Il costo del carburante e la carenza di fertilizzanti, anche quelli prodotti principalmente in Ucraina e Russia, costringono i coltivatori a far fronte a sfide complicate. Cui si sommano gli ostacoli della prolungata siccità.

La crisi delle stalle

Lo sanno bene agricoltori, allevatori e produttori italiani. “L’Italia importa da Ucraina e Russia soprattutto mais e olio di girasole - spiega Lorenzo Bazzana, della Coldiretti - mentre per il grano compriamo all’estero il 6% di quello che trasformiamo in pasta, pane, pizza e grissini, tutti prodotti che poi esportiamo”. Ci mancherà il pane? No, visto che mandiamo in giro per il mondo molto più di quello che consumiamo. Ma un effetto sui prezzi ci sarà.

Si stima che 2,6 milioni di poveri italiani potrebbero avere problemi di accesso al cibo mentre 100mila aziende rischiano di chiudere. In affanno sono soprattutto gli allevamenti. “La ricetta del mangime delle vacche da latte - spiega Andrea Broglia, imprenditore agricolo - dipende al 50% dal mais. Nel pastone poi c’è farina di soia, cotone e nucleo. Tutti prodotti che negli ultimi mesi hanno avuto un aumento esponenziale”. In soldoni, aggiunge Giansanti, la soia costa il doppio di un anno fa, il mais il 30% in più, il gasolio il doppio, i fertilizzanti il triplo. “La guerra è pericolosa, è pericolosissima - dice Broglia - Non si capisce più niente. Si registrano rincari mensili. E soprattutto nessuno sa quanto durerà. Oggi il mio allevamento può reggere il colpo. Ma se il conflitto prosegue a lungo, o se si risolve in favore della Russia, sarà un disastro. Il granaio d’Europa non esisterà più”. E allora arriverà la carestia.

E il mondo sarà travolto dall’effetto devastante di quel battito d'ali di farfalla.

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