Cronache

Vaticano, ora si teme un'altra puntata di Vatileaks

Non è ancora chiaro il quadro dell'indagine interna del Vaticano, ma la sensazione è che qualcosa possa ancora succedere

Vaticano, ora si teme un'altra puntata di Vatileaks

Acquisizioni di documenti ed apparati elettronici, provvedimenti di sospensione che fuoriescono dalle mura leonine, presunte operazioni finanziarie sospette e le dimissioni del vertice della gendarmeria: se non è bufera, in Vaticano poco manca. E qualcuno già richiama Vatileaks. Il Sinodo panamazzonico non può passare in secondo piano: è centrale per le prospettive del cattolicesimo, ma il contorno di ben altri accadimenti, quello raccontato dalle cronache di queste settimane, necessita di un'analisi altrettanto certosina. Le disamine presentate dagli specialisti del settore non sono poche. Ma la Santa Sede non ha ancora comunicato troppi dettagli. E allora ci si può soffermare solo su quello che è già emerso, ponendo inoltre qualche quesito.

Sappiamo che Papa Francesco è un riformatore. Jorge Mario Bergoglio persegue la linea della "tolleranza zero", su tutti i livelli. Gli scandali, quelli di qualunque tipo, vengono combattutti con fermezza dal Santo Padre. Si vocifera poi che Domenico Giani, ormai l'ex comandante della gendarmeria, sia stato sostituito per "omessa vigilanza". Chi ha fatto sì che i provvedimenti di sospensione potessero divenire pubblici? Non Giani, ma intanto il pontefice argentino ha operato una prima scelta: al suo posto è arrivato l'ex vice. Poi c'è una frase di Gianluigi Nuzzi, che è stata riportata poco fa dall'Adnkronos: "Su chi è Giani lo chiesi anche a Libero Milone, scelto da Francesco per controllare i conti delle finanze vaticane: 'Giani mi disse: o si dimette o l'arresto' . Ma quando mai un investigatore minaccia un delinquente dell'arresto? O gli mette le manette se ci sono gli estremi o lo lascia andare". Il giornalista dà appuntamento a lunedì, quando uscirà la sua ultima fatica libraria. Ma Nuzzi ha fatto anche un altro nome, quello di Libero Milone, che non è più il revisore generale da almeno due estati.

Stando a quanto si legge in questo articolo di Phil Lawler, che in Italia è stato tradotto sul blog di Sabino Paciolla, Libero Milone "sosteneva di essere stato estromesso dopo aver iniziato a dare la caccia alle irregolarità finanziarie; Becciu ha replicato che Milone aveva spiato i suoi superiori. Come ho osservato all’epoca, queste accuse non si escludono a vicenda". Trattasi delle stesse presunte operazioni per cui sono stati predisposti dei sequestri? Difficile da dire. Ma certo è che il quadro, prendendo per buono questo "tentativo di capire il raid della polizia in Vaticano", sembra divenire più complesso. Nel virgolettato del pezzo di Lawler, compare un'altra figura: quella del cardinale Angelo Becciu, ora prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi, ma prima sostituto per gli affari generali della Segreteria di Stato. Ed è anche in "alcuni uffici" di quello che viene chiamato "ministero degli Esteri" che hanno avuto luogo le acquisizioni. Insomma, c'è molto da comprendere ancora. E la sensazione è che solo la Santa Sede possa, con ogni eventualità, fare chiarezza.

Vale comunque la pena sottolineare come un'altra testata, ossia il Catholic Herald, aggiunga più di qualche particolare derivante dallo studio di un'ulteriore fonte: "Il Financial Times ha riferito che gli investimenti del Vaticano 2014 e 2018 sono stati autorizzati dal cardinale Giovanni Becciu, che è stato dal 2011 al 2018 il funzionario di secondo grado nella Segreteria di Stato vaticana, e che nel 2018 è stato nominato a capo della Congregazione per le cause dei santi". L'alto porporato italiano, insomma, potrebbe aver avuto un ruolo. Per quanto il condizionale sia d'obbligo. Le domande irrisolte, in fin dei conti, si riducono a una: stiamo per assistere o no a una terza puntata di Vatileaks? Vedremo.

L'unica altra certezza riguarda un'indagine interna che ha portato alla sospensione di cinque persone dagli incarichi.

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