Cronache

Verdiniani e renziani vogliono la testa della Lorenzin

In bilico la poltrona del ministro della Salute: verdiniani e renziani vogliono la sua testa. Il fuorionda che li smaschera

Verdiniani e renziani vogliono la testa della Lorenzin

Complotto campano o decisione renziana. Qualunque sia la versione autentica, tutti i segni premonitori convergono verso un'unica conclusione: la poltrona del ministro Beatrice Lorenzin pare fortemente in bilico.

L'antefatto è un fuorionda della trasmissione Rai Nemo in cui il senatore verdiniano Vincenzo D'Anna parla di una signora da silurare: «La mandiamo via e ci mettiamo un tecnico molto valido. Abbiamo fatto un accordo con Angelucci e con Verdini. A dicembre se ne va, la smammano». L'incarico che traballa sarebbe proprio quello del ministro Lorenzin. La versione complottarda si nutre di un'altra parte del fuorionda, quella in cui D'Anna spara a zero sui subcommissari alla sanità campana nominati proprio dalla Lorenzin, Joseph Polimeni e Claudio D'Amario: «Uno, D'Amario è un trastuliatore, e l'altro Polimeno è un cog...e». Al quadro va aggiunta la sofferta approvazione in Commissione bilancio, appena quattro giorni fa, di una norma che consente ai presidenti di Regione di ricoprire l'incarico di commissario alla Sanità. L'emendamento presentato da Assunta Tartaglione, segretaria regionale del Pd campano, è passato dopo un'ora di scontro feroce con le opposizioni che lo hanno letto come ritagliato ad personam sulla figura di Vincenzo De Luca. E qui al puzzle si incastrano altri pezzi. A partire dal discorso in cui il governatore campano esorta i sindaci della sua regione a portare voti pro referendum e li invita specificamente a bussare alla porta dei laboratori sanitari e anche lui pare riferirsi ai due subcommissari in termini non proprio elogiativi: «Abbiamo provato a spiegare a due teste di sedano che in questo momento hanno funzioni di commissari che non siamo la Toscana. Qui il 25% della sanità è privata. Sono migliaia di persone. Io credo sinceramente che per come ci siamo mossi in questi mesi, ci sia rispetto da parte dei titolari di strutture private qualificate, e possiamo permetterci di chiedere a ognuno di loro, a ogni clinica, ogni laboratorio, di fare una riunione coi propri dipendenti. Se l'Aiop (Associazione italiana ospedalità privata, ndr) fa una riunione coi propri associati sono 400 laboratori...». D'Anna a sua volta spiega nel fuorionda che per la sanità privata, che al momento è bloccata in Campania per aver raggiunto il tetto di spesa previsto, «De Luca metterà sul piatto 30 milioni». Una manovra che vedrebbe la contrarietà del ministro Lorenzin. Se si aggiunge che Angelucci è un gigante della sanità privata, il quadro è completo.

Ma il capogruppo di Ala Lucio Barani rifiuta la tesi del complotto e al Giornale ricorda che l'opposizione al ministro Lorenzin è politica ed è in campo da tempo: «Io ho chiesto in Parlamento le dimissioni del ministro - spiega - soprattutto per la scandalosa gestione dell'Aifa, su cui ho presentato sette interrogazioni». Negli atti, Barani chiede effettivamente conto di una parentopoli nell'Agenzia del farmaco, di un finanziamento di 50mila euro da parte dell'Aifa al meeting di Cl (il movimento cattolico di cui è esponente Mario Melazzini, il direttore generale dell'Agenzia nominato dalla Lorenzin) e anche degli extracosti sostenuti dalle casse pubbliche per un farmaco salvavita contro l'epatite C. Secondo il senatore di Ala, l'Aifa avrebbe concordato con la ditta farmaceutica che lo produce un costo a paziente di quasi 40mila euro, contro gli 800 pagati in Egitto.

Ma al di là degli strali verdiniani, contro la Lorenzin pesa il giudizio definitivo che Renzi diede della campagna per il Fertility Day travolta dalle polemiche: «È tecnicamente inguardabile». E, si sa, per il premier non c'è peccato più grande di quelli legati alla comunicazione. Di sicuro nulla accadrà prima del voto referendario, che potrebbe comunque cambiare gli equilibri. Ma per Lorenzin, più che per tutti gli altri ministri, il 4 dicembre potrebbe essere una data fatidica.

Giuseppe Marino

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