Cronache

"Yara poteva essere salvata"

Oggi ricostruisce tutto ciò che non torna nel delitto di Brembate

"Yara poteva essere salvata"

Ci sono molti punti che non tornano nelle indagini di Yara Gambirasio. Il primo: qualcuno cercò la ragazzina nella sera in cui scomparve? In soldoni: cosa accadde davero in quella notte del 26 novembre 2010? Quando iniziarono le ricerche. Come si chiede Oggi: "Yara poteva essere salvata se le ricerche fossero state tempestive? Si è perso tempo nella speranza che lei ricomparisse? Il lavoro di indagine per scoprire il presunto assassino di Yara è stato davvero colossale. Si pensi che sono stati fatti 20 mila prelievi di Dna; sono stati fotografati e analizzati in tutta l’alta Italia 4 mila camioncini Iveco e sono state monitorate per nove mesi 59 milioni di telefonate riferite a 118 mila utenze. Eppure resta nell’aria una domanda carica di angoscia: si può affermare, in coscienza, che la sera del 26 novembre è stato fatto tutto quello che si doveva e si poteva fare per ritrovarla viva?".

Secondo le dichiarazioni rese al processo, alle 18.42 Yara vede Fabrizio Francese, il papà di una compagna. L'ultimo a vederla viva. Si trovano dell'atrio della palestra dove la ragazza si allena. Si allontana dalla palestra. Nessuna la vede uscire né la incrocia dopo. Yara ha laciato la palestra? Non lo sappiamo.

Alle 18.44 Yara risponde a un sms di un'amica: Martina Dolci. Il telefono della ragazzina, come riporta Oggi, "aggancia la cella di via Adamello a Ponte San Pietro che copre anche l’area del centro sportivo (quindi questa non è la prova che lei fosse uscita)". Cinque minuti dopo, alle 18.49, Yara riceve il suo ultimo messaggino da Martina. Questa volta il suo telefono, riporta Oggi, "aggancia la cella di via Natta a Mapello, cella che copre sia la zona della palestra sia l’abitazione di Massimo Bossetti".

Alle 18.55 il cellulare spegne agganciando la cella di via Ruggeri, zona nord di Brembate. Circa 20 minuti di vuoto.

La mamma di Yara non ha più notizie della figlia. È preoccupata e prova a chiamarla. Come riporta Oggi, "dopo tre squilli il cellulare della figlia si spegne. La chiamata è rimasta sul tabulato, quindi i tre squilli ci sono stati, mentre Vodafone assicura che il telefono era già spento alle 18.55 ma non sa dire quale cella abbia agganciato alle 19.11".

Passa un'ora. Alle 20.30 Fulvio, il papà di Yara, si dirige dai Carabinieri di Ponte San Pietro: "Mia figlia non è tornata a casa. Ho paura che sia successo qualcosa di brutto". Il brigadiere Santino Garro, come riporta Oggi, "si fa dare il numero di cellulare di Yara, il nome del gestore, e si rivolge al Comando provinciale". Fulvio Gambirasio ha raccontato così quei momenti: "Hanno tentato di localizzare il telefonino di mia figlia, dicendomi che era forse nella zona di Calusco d’Adda o Cisano Bergamasco. Poi il brigadiere mi ha tranquillizzato: 'Non si preoccupi, capita che i ragazzi a questa età si allontanino. Ma poi tornano. Ripassi domattina che facciamo la denuncia'". Ma il racconto del sottufficiale, davanti alla Corte d’Assise, è diverso: "Con il mero di Yara interpellai il Nucleo investigativo che disponeva del sistema di geolocalizzazione 'Carro' in grado di rilevare in tempo reale se il telefonino è acceso e in quale macroarea geografica si trova. Mi risposero che era acceso e si trovava fra Monza e Novara. Il sistema 'Carro', oggi in disuso, non era molto affidabile. Si trattava di un’informazione poco precisa. Per questo, su mandato del magistrato, ci rivolgemmo alla Vodafone con la procedura del 'soccorso pubblico'. La risposta arrivò a mezzanotte e dieci: il cellulare di Yara si era spento alle 18.55 e aveva agganciato la cella di via Ruggeri, a Brembate".

Il problema - come rileva Oggi, che cita il parere dell'ex ufficiale del Genio miliatare Giuseppe Dezzani, è che "il sistema 'Carro' era uno strumento che, lavorando sulle triangolazioni delle onde radio e sulle antenne, consentiva l’approssimativa localizzazione di un telefonino e quindi della persona che l’aveva con sé". "Non sempre era affidabile ma spesso ha dato indicazioni utili, tanto che con il 'Carro' sono state fatte fior di operazioni anticrimine. Oggi abbiamo dei protocolli precisi. Le Forze dell’ordine che ricevono la segnalazione di una scomparsa si rivolgono direttamente al gestore del cellulare e hanno la risposta in tempo reale. Perché le compagnie telefoniche hanno un ufficio apposito con un tecnico presente 24 ore su 24 che è in grado di stabilire non solo l’antenna ma anche quale dei tre spicchi che la compongono ha agganciato quel telefono e addirittura a quale distanza si trova. In pochi minuti quindi sono in grado di localizzare chi si sta cercando", spiega Dezzani a Oggi.

Nessuno ha chiesto il perché delle divergenze tra il racconto di Franco Gambirasio e quello del brigadiere Garro. Soprattutto, rileva Oggi, "nessuno ha chiesto perché Giancarlo Mancusi, il Pm che era di turno la sera del 26 novembre 2010, non ha aperto un fascicolo sulla sparizione di Yara".

Il fascicolo, infatti, fu aperto solo il giorno dopo (sabato) dal Pm Letizia Ruggeri. L'ex ufficiale Giuseppe Dezzani è certo: "Nessuno ha cercato Yara. Questo è emerso dal processo. Eppure, secondo i medici legali, almeno fino a mezzanotte la ragazza era ancora viva". Secondo le ricostruzioni, il padre di Yara, dopo aver parlato con i carabinieri, è tornato a casa. L'unica in pensiero per Yara è la madre: "Anche i tre squilli che la mamma dice di aver sentito, sono una anomalia che va chiarita", afferma Dezzani. "Il cellulare di Yara si è spento alle 18.55 o alle 19.11? Se la chiamata delle 19.11 figura sui tabulati perché la Vodafone non dice quale cella ha agganciato il telefono a quell’ora? Dov’era Yara? In realtà, forse c’è una spiegazione. Yara era in compagnia di un’altra persona che sentendo il telefono squillare le ha impedito di rispondere e ha tolto la batteria che poi, con la Sim, è stata trovata nella tasca del giubbotto della ragazza". Eppure su quella batteria non ci sono impronte digitali. Nemmeno della piccola Yara.

La mamma quella sera ha telefonato alle maestre e alle compagne di Yara: "Ma in palestra non c’era più nessuno, così ho chiamato mio marito per avvertirlo", racconta Maura Panarese.

A questo punto anche Fulvio Gambirasio esce per le strade di Brembate.

Non trova la figlia, rientra in casa e aspetta la mattina per poi tornare dai Carabinieri a confermare: "Mia figlia è scomparsa".

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