Retrogusto

Radix, un Bellone in purezza potente e longevo

E’ uno dei vini bianchi più interessanti prodotti da Casale del Giglio, l’azienda che ha “inventato” l’Agro Pontino come zona enologica, in bilico tra stilistica borgognotta e le note iodate del Mediterraneo

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C’è un Lazio che prima non c’era, nell’agro pontino, lontano dai territori enologici tradizionali, dai Castelli Romani, dalle terre dei rossi ciociari, dai vini vulcanici dell’Alto Viterbese. Questo territorio è stato di fatto “inventato” dalla famiglia Santarelli, che nel 1967 creò l’azienda Casale del Giglio in località Ferriere, tra Aprilia e Latina. Si trattava allora di un territorio vergine per la viticoltura, ma dapprima papà Dino e poi il figlio Antonio videro la possibilità di partire dal nulla, approfittando della mancanza di identità e tradizione per dar vita a un’enologia che guardava alla Francia più che all’Italia. Gli anni della svolta furono i Novanta dello scorso secolo: il visionario Antonio trovò nell’enologo altoatesino Paolo Tiefenthaler la persona giusta per sviluppare il suo progetto e per scrivere una storia nuova su un foglio totalmente bianco. Oggi Casale del Giglio è un’azienda da quasi due milioni di bottiglie, con molte etichette interessanti tra i quali diversi bianchi di grande personalità. Tra essi spicca il Radix, un Bellone in purezza che resta a contatto con le fecce nobili per circa due anni, senza svolgere la fermentazione malolattica. Poi si assesta in anfora e quindi riposa sei mesi in bottiglia. Al naso rivela aromi fruttati e quasi tropicali, in bocca è sapido come un grande di Borgogna, evoluto e persistente. E’ già pronto alla beva ma chi ha pazienza può avvalersi della sua tendenza all’invecchiamento.

Altri bianchi di grande carattere sono il Satrico, un Bianco Lazio igt da uve Chardonnay, Sauvignon e Trebbiano Giallo, agrumato ed equilibrato. Il Petit Manseng che italianizza un vitigno decisamente insolito alle nostre latitudini ma che esibisce naso speziato, buon corpo e grande franchezza. Poi il Viognier, che mantiene le promesse di eleganza tipiche di questo vitigno. L’Antinoo, un blend di Viognier e Chardonnay che fa sei mesi di legno (tonneaux e barrique) che al naso si pone floreale, con note di zafferano e camomilla, e in bocca è piacevolmente salino. Quindi lo Chardonnay e il Sauvignon, due internazionali interpretati in maniera piuttosto classico, ma con quel tocco iodato che è un po’ il fil rouge di tutta la produzione Casale del Giglio. Quindi un altro Bellone in purezza, l’Anthium, un vino solare e scalpitante, che mostra al naso aromi tropicali e in bocca una persistenza prepotente.

Infine il Faro della Guardia, da uve Biancolella prodotte sull’isola di Ponza vinificate in purezza, che al naso è assolutamente mediterraneo e in bocca è esaltato dalle sfumature vulcaniche. Naturalmente ci sono anche molti rossi in carta. Tra essi gli “storici” Mater Matuta (un Syrah e Petit Verdot sontuoso) e Madreselva (Merlot, Cabernet Sauvignon e Petit Verdot in parte uguali, dalla piacevolissima balsamicità), i monovitigni Merlot, Shiraz, Petit Verdot e Cabernet Sauvignon, l’insolito Tempranijo, che manifesta le capacità di adattamento al terroir del basso Lazio di questo vitigno spagnolo, e il Matidia, un Cesanese di Olevano che promette grande longevità.

Poi c’è il rosato saignée Albiola (da uve Syrah e Sangiovese), il dolce Aphrodisium a base di uve Petit Manseng, Viognier, Fiano, Greco vendemmiate tardivamente.

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