Cultura e Spettacoli

Gli altri mestieri di Lynch: fotografo, pittore, musicista

Il grande regista americano è un "genio creativo" dallo stile unico ma dai molti linguaggi. Ecco i suoi capolavori (film a parte)

Gli altri mestieri di Lynch: fotografo, pittore, musicista

Quando si parla di artista totale, ben aldilà della mania che in molti hanno di saper fare tutto senza particolari necessità, ecco spuntare il genio creativo di David Lynch. Unico nello stile e poliedrico nei linguaggi, coerente fino in fondo nel dar vita a quelle atmosfere che lo hanno reso celebre, soprattutto come regista, sorprendente nel saper manipolare una gran quantità di tecniche: il cinema innanzitutto, poi la pittura, la fotografia, la musica, il design e la moda. Lynch è il protagonista di questa fine estate in Toscana. Sino al 15 settembre espone a Palazzo Panichi di Pietrasanta con la mostra A Dark Optimism . Fotografie, litografie e video; poi dal 20 settembre al 9 novembre sarà a Lucca con Lost Images che comprende una retrospettiva completa dei film e una serie di opere inedite. Annunciata peraltro la sua presenza a ottobre, sempre a Lucca, con una lecture in cui c'entra la meditazione, che ha il sapore di un evento. Il curatore Alessandro Romanini, che ha voluto inserire questo appuntamento nell'ambito delle celebrazioni del 450esimo anniversario della morte di Michelangelo, lo definisce artista «poligrafo».

Promossa dalla Fondazione centro arti visive, dalla Cassa di risparmio di Lucca e dal Lucca Film Festival la rassegna lynchiana si divide in due parti. A Palazzo Panichi è esposta la serie Woman and Machines , 17 foto in bianco e nero scattate all'Atelier Idem di Parigi, un luogo leggendario per le arti grafiche fondato nel 1880, dove hanno stampato i loro multipli artisti del calibro di Picasso, Giacometti, Matisse, Cocteau e Chagall. Il regista, nato nel 1946 nel Montana, si è innamorato di questo posto e lo ha utilizzato come scenario: giovani modelle nude il cui corpo magro e scattante dialoga con vecchi torchi, ingranaggi, telai serigrafici, in un gioco che ricorda lo stile dei maestri della fotografia d'avanguardia, a partire da Man Ray. Peraltro Lynch fotografa dal lontano 1980, cominciò sul set di Elephant Man con una Canon Eos 1. Molti dei suoi scatti hanno un sapore orrorifico e macabro, come le operazioni alla bocca, mentre questa volta si abbandona ad atmosfere più dark e languide, abbastanza tipiche dell'ultima produzione cinematografica. Small Stories è invece un ciclo di piccoli lavori dominati dal gusto surrealista, in omaggio a Ernst, Dalì e soprattutto alle scatole di Joseph Cornell, ma che toccano anche linguaggi più contemporanei, quali la pittura astratta o le videosculture di Tony Oursler. Sono minuscoli frames popolati da figure aliene -il motivo della testa è dominante, vera e propria ossessione di Lynch fin dai tempi di Eraserhead , suo esordio nel lungometraggio.

Mentre per altri autori così poliedrici verrebbe il dubbio di operazioni al limite del pretesto, nel caso di Lynch l'esprimersi a 360 gradi è un'urgenza estetica. Prendiamo a esempio l'ultimo sconfinamento, nel campo della musica. Ha poco più di un anno il disco The Big Dream , peraltro rimixato in un'edizione deluxe con la partecipazione di diversi ospiti, tra cui la cantante svedese Lykke Li: il cineasta suona, canta, regalando atmosfere degne delle colonne sonore dei suoi capolavori firmate Angelo Badalamenti. Persino The Ballad of Hollis Brown , cover da Bob Dylan, appare trasfigurata, sembra uscita da Twin Peaks . È dunque possibile parlare di un Lynch musicista senza rischiare brutte figure.

Autore di fumetti ( The Angriest Dog in the World pubblicato nel 1973, agli albori della sua carriera su LA Reader), scrittore, videomaker (di recente per Came Back Haunted dei Nine Inch Nails), regista di spot pubblicitari per Armani, Gucci e Dior, designer (ha realizzato mobili e arredi presenti in diversi suoi film e ha creato insieme allo stilista Christian Laboutin la linea Fetish), se si dovesse sceglierne uno solo tra i tanti mestieri paralleli a quello di regista, allora diremmo che David Lynch è soprattutto pittore. La sua poetica non spicca per eleganza e si avvicina all'Art Brut di Dubuffet e all'Espressionismo astratto, portando con sé tutti gli spettri racchiusi nelle profondità del suo Io. Quando dipinge non prende ispirazione dalla storia del cinema, ma preferisce formare il proprio sguardo su modelli pittorici. Il richiamo a Francis Bacon è immediato: la gamma cromatica cupa, sanguigna, i neri, la deformazione espressiva carica di violenza, la scelta di chiudere le figure in spazi claustrofobici. Lynch riconosce in Bacon il proprio maestro, senza dimenticare gli scorci di vita americana, realistica e provinciale, così esaltata da Edward Hopper, e caposaldo teorico delle sue visioni fotografiche presenti in diversi film, tra cui Una storia vera del 1999.

Attendendo il suo ritorno sul grande schermo, manca al cinema dal 2006 dal barocchissimo Inland Empire , la mostra di Pietrasanta, e più avanti quella di Lucca, consentono una lettura ancor più approfondita del personaggio, che in Italia era sbarcato alla Triennale di Milano con la rassegna dedicata alla pittura proveniente dalla Fondation Cartier di Parigi.

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