Cultura e Spettacoli

Il cinema "civile" di Gian Maria Volontè in un libro di Carlo Gaudio

In occasione dei 20 anni dalla morte del grande interprete sarà presentato a Roma il 26 novembre, alla Casa del cinema, con la partecipazione straordinaria dell’attore Giuseppe Zeno

Il cinema "civile" di Gian Maria Volontè in un libro di Carlo Gaudio

Si è trasformato nel presidente dell’Eni Enrico Mattei e nello statista Aldo Moro, nel boss Lucky Luciano, nel bandito Pietro Cavallero e nello scrittore antimafia Leonardo Sciascia. Così, Gian Luca Volonté è diventato uno dei maggiori interpreti del cinema «civile» italiano, quello di registi impegnati come Petri, Lizzani, Rosi, Bellocchio, Damiani , Ferrara, Amelio e Greco. É stato non solo attore ma co-sceneggiatore e revisore dei copioni, studiando ogni personaggio meticolosamente e cogliendo i dettagli in modo inimitabile. In occasione dei venti anni dalla morte arriva in libreria un saggio che approfondisce proprio questa faccia del grande attore italiano. Lo firma un illustre cardiologo calabrese, appassionato di cinema, teatro, letteratura e musica: Carlo Gaudio. Il suo libro «Il Cinema Civile di Gian Maria Volontè» (Collana Lumière Ed. Nuova Cultura) sarà presentato a Roma il 26 novembre, alla Casa del cinema, con la partecipazione straordinaria dell’attore Giuseppe Zeno. Gaudio esamina film indimenticabili di Petri come «A ciascuno il suo» del 1967, «Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto» del 1970, «La classe operaia va in paradiso» del 1971, «Todo Modo» del ’76; di Bellocchio come «Sbatti un mostro in prima pagina» del 1972; di Rosi come «Il caso Mattei» dello stesso anno; di Damiani, come «Io non ho paura» del 1977 ; di Ferrara come «Il caso Moro» del 1986 e altri.

«Nei quali -scrive l’autore nella prefazione -, sempre, è testimone di un’Italia sociale e civile, combatte per le cause giuste, non si vende, non si allinea, è ribelle, si sacrifica e muore, mai rinnegando le proprie idealità e le proprie convinzioni. Proprio ciò che, in un’Italia di oportunisti e di trasformisti, non è stato perdonato a Gian Maria Volontè: la dignità, la coerenza, portate anche all’estremo». Secondo Gaudio, l’attore rappresenta, con i suoi diversi personaggi, i venticinque anni «più controversi ed emblematici della storia politica e sociale d’Italia». Gianni Amelio, che lo ha diretto nel 1990 in «Porte aperte», nella testimonianza pubblicata nel libro ricordi gesti e parole significativi, che raccontano il mestiere d’attore come lo intendeva Volontè. E conclude: «Il talento costa caro, a chi ce l’ha. Penso che Gian Maria Volontè ci abbia messo una vita intera a coltivarlo, ad affinarlo, a non accontentarsi. Pagando un prezzo altissimo...E se come regista gli devo molto, come spettatore, al di là dei suoi film più celebrati, non mi stanco mai di riscoprirlo nei western. Ma devo dirlo piano per non farlo arrabbiare».

Gaudio, oggi vice-preside della Facoltà di Medicina de «La Sapienza» di Roma, è autore di oltre 400 pubblicazioni scientifiche e di 8 trattati nel settore cardiovascolare, ma la sua passione per le arti viene dagli anni giovanili e lo ha portato nel tempo a curare la biografia di A. Vivaldi di Karl Heller e l’edizione critica della raccolta di poesie «Delirio Nottetempo» di Antonio Provazza, con quest’ultimo a pubblicare il volume «L’Anello di Policrate.Il complesso di colpa nel cinema» , a diventare dal 1980 componente della Giuria del Premio David di Donatello dell’ Accademia del Cinema Italiano. Nel 2011 ha scritto e prodotto il testo teatrale « E l’Italia ritorna a sognare… Mille Lire al Mese», rappresentato al Teatro Parioli di Roma, con la direzione artistica di Maurizio Costanzo, che ha avuto la medaglia d’oro del Presidente della Repubblica, quale opera all’interno delle celebrazioni del 150° anno dell’Unità d’Italia. Il suo ultimo libro, questo su Volontè, sarà presentato dai giornalisti Valentina Alazraki e Paolo Scandaletti, che intervisteranno l’autore. Ci sarà la proiezione di spezzoni dei film citati, di cui Zeno leggerà alcuni monologhi.

Il tutto, completato dalla mostra fotografica di Roberto Petitti.

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