Rubrica Cucù

La dittatura del presente

L'unico modo per affermarsi o restare nel giro è cavalcare gli umori del momento

La dittatura del presente

C'è un legame tra il nuovismo di Renzi, il politico wireless che rottama il passato e cavalca gli umori del momento, il nuovismo clericale che esorta preti e credenti ad aggiornarsi e adeguarsi all'oggi e l'imposizione dell'Europa a sacrificare la storia e il futuro delle nazioni al rigore dei conti correnti? Sì, c'è un legame profondo che attiene allo spirito dell'epoca e si può definire «la dittatura del presente». È il prevalere schiacciante del presente sulla storia e sul futuro, sulla tradizione consolidata e su ogni possibilità alternativa. La realtà è questa, e l'unica alternativa è adeguarsi o perire. Ritrovo quest'espressione, che mi era capitato di usare in passato, in un libretto di Salvatore Veca, filosofo liberal, intitolato «Non c'è alternativa» (Laterza). Sono restio a evocare la dittatura ogni volta che viene adottato un metodo, approvata una legge, ridisegnato un sistema elettorale, come fanno in tanti, a cominciare da Grillo.

Viviamo in una democrazia scassata e bugiarda che spesso tradisce la sovranità popolare ma da qui a parlare di svolta autoritaria ce ne corre.
In senso culturale, invece, dittatura del presente è una definizione pertinente perché l'unico modo per affermarsi o restare nel giro è cavalcare gli umori del momento, adeguarsi al Canone Vigente, senza mai sporgersi a progettare il futuro e senza mai evocare la fedeltà al già stato. È desolante il conformismo che ne deriva e che appiattisce tutto, religione, politica, pensiero. Non avrai altro dio fuori dell'Oggi.

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