Cultura e Spettacoli

Feticisti, dandy e sadici: le "libidini" da bibliofili

Si eccitano per una rilegatura e vivono alla ricerca di rarità e prime edizioni. Ma un volume si deve amare come un fratello. Anche se ha i suoi difetti...

Feticisti, dandy e sadici: le "libidini" da bibliofili

C'è una tarma dal volto umano che si chiama bibliofilo. In gergo scientifico si chiama lepisma, ma è noto anche come tarlo, muffa, larva o più leggiadramente pesciolino d'argento. Il bibliofilo divora la carta ma non la distrugge, anzi la tutela e la venera, soprattutto se antica e rilegata. I bibliofili sono una setta esoterica che applica il gusto estetico al senso storico, in un curioso intreccio di bellezza ricercata e gerontofilia antiquaria. Luigi Mascheroni ha compiuto un viaggio tra le tarme più veraci e voraci della bibliofilia nel suo Scegliere i libri è un arte, collezionarli è una follia, edito da Biblohaus (pagg. 176, euro 15; prefazione di Mario Baudino e cura di Massimo Gatta, in libreria dal 7 dicembre). Da Andreotti a Cesare De Michelis, da Alfredo Castelli a Philippe Daverio, Mascheroni ritrae una ventina di accaniti bibliofili, raccoglie le loro voci, fa la storia e la patologia della loro passione; ma alla fine si svela l'intima complicità del biografo con i suddetti e col loro nobile vizio. Non so quanto nei bibliofili la passione del libro poi coincida col piacere della lettura, e questo è l'antico conflitto tra i lettori forti e i collezionisti di libri.

Alcuni tra gli autori incontrati da Mascheroni sono anche lettori assidui, ma chi ama un libro non è detto che si appassioni al suo contenuto; a volte i bibliofili sono raffinati feticisti e somigliano più al collezionista di ossa che all'erudito, più al dandy che all'umanista. Io non potrei dirmi un bibliofilo se per amor dei libri s'intende la cura per i volumi, la ricerca delle prime edizioni e la collezione di perle preziose. L'amor mio per i libri è troppo carnale per essere quello di un bibliofilo e troppo mentale per commuoversi davanti a una rilegatura antica e pregiata. Maltratto i libri che più amo, li sottolineo, e leggendone molti all'aperto, spesso ne recano le impronte. Amo, è vero, la biblioteca; ma vicende personali (di cui c'è traccia pure in questo libro) mi hanno alla fine vaccinato, fino a farmi disamorare. Ora so distaccarmene e perfino privarmi di interi filoni non congeniali; anche se quando qualcuno vuol devolvermi la sua biblioteca dismessa si riaccende la “libridine” e la gioiosa attesa dell'incontro libresco imprevisto.

Almeno la metà dei bibliofili ritratti da Mascheroni li conosco e molti di loro li considero amici; invidio il loro fiuto e il possesso di alcune rarità, e ammiro la loro cura e ricerca. Ma c'è chi di un libro ama la sua esistenza e chi invece la sua essenza; chi venera la sua età e i tempi che ha attraversato, magari restandone indenne; e chi invece cerca di sentire nel fruscio delle pagine la sua anima e cerca di sorprendere nel tomo un'idea discinta che si veste di carta. Col passare del tempo anche il libro stampato, ridotto a esemplare raro, conquista l'aura delle opere d'arte irriproducibili. Le copie spariscono e la superstite si assume l'onore di coincidere con l'originale. Qualcuno sostiene che chi ama il libro come pensiero, al contrario del bibliofilo, dovrebbe gioire della sua progressiva evanescenza a favore dell'e-book, e del suo diventare pura visione senza corpo. Come Plotino si vergognava di avere un corpo, così il lettore spirituale dovrebbe sentirsi liberato dalla presenza fisica del volume e gioire del suo ridursi a pura entità concettuale, incorporea. Lasciando dunque ai bibliofili doc il dolore per il libro smaterializzato nel web. Ma per i veri lettori, come per i veri bibliofili, la bellezza fisica di un'opera è il primo gradino per accedere alla sua bellezza intellettuale. Il suo corpo è la sua custodia, il suo presagio. Tramite la sua presenza fisica, si accede alla sua sostanza metafisica. C'è chi vorrebbe procedere alla cremazione dei fratelli maggiori, conservando la loro cenere in una più agile urna, l'e-book, la chiavetta, o semplicemente affidando il loro ricordo alla clemenza della rete che tanto contiene e troppo ricorda, anche robaccia. Ma l'esperienza tattile del libro, lo sostiene anche Mascheroni, è insostituibile; non basta vedere un testo su uno schermo, bisogna toccare il suo corpo plasmato dal tempo, sentire la sua età, il suo odore, la loro cartilagine, anche quando è in preda all'osteoporosi, perché i libri sono umani anche in quello. È detestabile l'espressione libro usato, che è brutta quasi quanto supporto cartaceo. Certo il libro, più che all'auto, somiglia al tappeto di seta: più è vissuto e più ha valore. Dico valore affettivo, storico, non antiquario o commerciale. Meglio chiamarlo libro vissuto anziché usato. Perché i libri sono vita raccolta in carta e pensieri; e averli letti, toccati, chiosati, li rende più veri e più vivi. Ogni lettore aggiunge uno strato di vita. Certo, poi ci sono i libri abusati o logorati dal tempo, squinternati e ridotti a una degradante vecchiaia. Ma i libri che odorano di vita e lettori, i libri tramandati, sono ancora più ricchi, crescono con l'uso. Su questo, i bibliofili interrogati da Mascheroni sarebbero contrari: per loro il libro vale di più se i lettori non hanno violato il suo corpo.

Vivo in una piccola casa con mille fratelli maggiori. Ma non occupano molto spazio perché i loro corpi sono di carta; chi mezzo, chi un intero ripiano, chi lo spazio di un libro. I fratelli maggiori sono gli autori dei libri che gremiscono la biblioteca. Sono fratelli a volte più antichi di Cristo, come Omero e i filosofi greci; altri sono più vicini nei secoli, qualcuno l'ho conosciuto e taluno è vivente. Tra loro c'è pure uno scaffale con ventisei costole mie, i libri procreati da me, figlioli immaginari. Mi piace organizzare con i mille fratelli feste a sorpresa, soprattutto d'autunno e d'inverno, e passare serate in affollata solitudine, fermandomi ora con un fratello maggiore ora con un altro per una rimpatriata e una riscoperta; a volte ricordando insieme qualcosa, a volte rubando loro un pensiero, una parola, un'atmosfera.

E' bello avere compagni di solitudine. Non c'è settimana che non si leggano annunci di morte per il libro di carta stampata. Funerali anticipati, a volte con una punta di sadico compiacimento e di barbarie nascosta nella tecnica ipermoderna on line. Talvolta i sadomaso sono autori di libri che si compiacciono di soffrire facendo soffrire. Mi auguro che finisca prima l'uomo del libro, e che il postlibro riguardi i postumani, non noi umani. Piace il sapere fluttuante nell'etere, i libri disincarnati sul video e i saperi visti e toccati sul display; ma abbiamo bisogno di avere più fonti di sapere e di vita, anche quelle più antiche. Amanti del libro e della lettura, bibliofili, bibliomani e biblionauti, colti o solo feticisti, difendiamo uniti i Mille Fratelli in carte e ossa e i loro Libri Vissuti.

Carta canta, non sopprimete quel canto.

Commenti