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Liberale ma non dissidente Una voce sempre contro dall'Urss alla Russia di oggi

Bielorussa di sangue ucraino, è molto critica verso i governi di Mosca e Minsk. Ora rischia di essere strumentalizzata

Liberale ma non dissidente Una voce sempre contro dall'Urss alla Russia di oggi

«Non si tratta solo di Putin. Piuttosto del Putin che c'è in ogni russo» sosteneva lo scorso anno Svetlana Aleksievic commentando a Radio Liberty lo spirito patriottico e nazionalista di Mosca. Per la neo Nobel il presidente russo ha raccolto il testimone dell'impero come ai tempi dello Zar prima, e di Stalin poi. La continuazione dell' homo sovieticus è un chiodo fisso e sull'annessione della Crimea o la guerra nel Donbass ha il dente avvelenato per via del sangue ucraino della madre che le scorre nelle vene. Nel mirino della giornalista-scrittrice c'è sicuramente il presidente della Bielorussia, Aleksandr Lukashenko (che l'aveva bollata come agente della Cia e che però ieri sera le ha fatto pubbliche congratulazioni per il suo successo). E ieri la scrittrice, resa ancora più forte dal premio, parlando dell'intervento russo in Ucraina ha detto: «È un'occupazione, un'invasione straniera». Immediata la risposta del Cremlino: «Non possiede tutte le informazioni necessarie per dare una valutazione di ciò che accade in Ucraina».

«Ma il paragone con Anna Politkovskaja (la giornalista durissima con il Cremlino uccisa a Mosca nel 2006, nda ) è fuori luogo e strumentale. Non arruoliamo il nuovo premio Nobel nella polemica filo o anti-Putin, che va di moda», spiega al Giornale Aldo Ferrari, grande esperto di Russia e Asia centrale dell'università Ca' Foscari di Venezia: «Svetlana Aleksievic ha un'anima anticomunista, liberale, ma definirla oppositrice politica risulta un po' azzardato. Se il segnale era di premiare soprattutto una voce critica del Cremlino, ce ne sono altre ben più forti».

Il nuovo Nobel è nata sotto l'Urss a Stanislav, oggi Ivano-Frankivsk, nell'Ucraina occidentale dove non ha mai smesso di covare il nazionalismo anti-russo. Aleksievic l'ha detto chiaro ancora ieri: «Non mi piace questo 84% dei russi che incita a uccidere gli ucraini, mi piace il mondo russo della letteratura e della scienza, ma non rispetto il mondo russo di Putin e di Stalin». Duramente contraria all'annessione della Crimea si è battuta per Nadia Savchenko, l'elicotterista ucraina fatta prigioniera e sotto processo in Russia.

Aleksievic ha la cittadinanza bielorussa. Per anni ha vissuto in esilio volontario a Parigi, ma poi è tornata in patria nel 2011. Proprio a Minsk ha tenuto la prima conferenza stampa da Nobel nella sede di un giornale d'opposizione: «Il potere bielorusso fa finta che io non ci sia, non pubblicano i miei libri, non posso fare discorsi. Non sono una barricadera, ma i tempi ci trascinano verso le barricate perché quello che sta avvenendo è vergognoso». Domenica si vota per il quinto mandato di Lukashenko. Il Nobel non andrà alle urne o voterà per la candidata dell'opposizione Titiana Karatkevich.

Più giornalista e intellettuale, che militante, Aleksievic «è una persona abbastanza onesta, che verrà sicuramente strumentalizzata, nonostante in ambito letterario russo sia poco conosciuta» fa notare al Giornale l'editore Sandro Teti, che conosce bene l'ex Urss. Lo scorso anno alla consegna del premio Grosso d'Oro Veneziano il futuro Nobel parlava di «una specie di Putin collettivo che condiziona la mentalità della Russia post comunista troppo ansiosa di diventare capitalista, troppo velocemente privata degli ideali di un tempo. È l'ethos imperiale che ha vinto, non importa se zarista o stalinista». Non a caso alla parata per la vittoria sul nazismo del 9 maggio a Mosca si mescolano stelle rosse e coccarde zariste. Il neo Nobel è convinta che «nella Russia di Putin viviamo con la mentalità da lager. Non si parla d'altro che del pericolo che viene da fuori».

Nei suoi articoli su Le Monde la giornalista-scrittrice è molto dura con il nuovo sogno imperiale del Cremlino e denuncia di aver subito minacce telefoniche come «quinta colonna e traditrice». L'onestà intellettuale di fondo, però, ha spinto Aleksievic ad ammettere, durante una visita in Italia, che «erano belli i tempi in cui eravamo dissidenti nei confronti del potere dell'Urss.

Essere invece in dissenso con il popolo russo, come avviene oggi, è terribilmente e tragicamente complicato».

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