Cultura e Spettacoli

Il maestro Riccardo Muti fa «lezione» in tivù Ma boccia già qualcuno

La nuova trasmissione di Rai5 si chiamerà «Prove d'orchestra» e nel presentarla il direttore si leva qualche sassolino dalla scarpa

Il maestro Riccardo Muti fa «lezione» in tivù Ma boccia già qualcuno

Tornare alla Scala? «Sono stati diciannove anni bellissimi ma non è in cima ai miei pensieri. E poi che senso tornare per fare un concertino e basta?». Il flash mob organizzato sempre dalla Scala all'aeroporto di Malpensa? «Ma a Malpensa i cantanti prendevano l'aereo? Cosa facevano? Bella idea, sto dicendo in senso ironico» I musicisti? «Fra pianisti che scorrazzano sulla tastiera e sembrano parlare con Dio, direttori d'orchestra a bocca spalancata come se fossero dal dentista e violiniste che risparmiano sull'abito ci si sta allontanando dall'essenza delle cose». L'educazione? «Basta pifferi che fanno odiare la musica ai bambini. Bisogna insegnar loro a muoversi nella foresta di suoni».

Il Maestro Riccardo Muti, ieri a Milano per presentare nella sede Rai le sue Prove d'orchestra , otto lezioni di musica in onda da mercoledì 21 ottobre in prima serata su Rai5, fa della conferenza stampa uno spettacolo. Fra preziosi amarcord della sua carriera quasi cinquantennale, dall'esordio in Rai fino alla collaborazione con Strehler al Don Giovanni , e considerazioni sullo stato di salute della musica, che pare ammiccare più alla forma che insistere sulla sostanza.

Su tutto l'orgoglio, ribadito più volte, dell'essere e sentirsi italiani. «Spesso abbiamo il complesso dello straniero e non ci rendiamo conto del privilegio di esser nati nel Paese della bellezza, della cultura e della storia della musica, non più della musica purtroppo. E questo è colpa nostra. Spesso abbiamo la tendenza a piegare il ginocchio allo straniero. Forse se mi fossi chiamato Von Muti avrei fatto più carriera».

Queste otto lezioni-spettacolo, nelle quali il Maestro Muti e l'orchestra Cherubini, da lui fondata nel 2004, interpretano pagine sinfoniche e titoli d'opera, «sono il segno di un coraggio della Rai, di un atteggiamento più deciso nel dare spazio al bello» spiega Muti, che dopo le sue dimissioni dalla Scala nel 2005 dal 2010 dirige la Chicago Symphony Orchestra, tra le più prestigiose al mondo. E forse proprio in ragione del suo rapporto pluridecennale con la radio televisione italiana - «abbiamo prodotto insieme una cinquantina di opere liriche e decine di concerti» ricorda Felice Cappa di Rai Cultura - non risparmia una stoccatina.

«Negli anni del mio esordio l'indimenticato Francesco Siciliani, all'epoca anche consulente generale per la musica lirica e sinfonica della Rai, mi invitò a dirigere la loro orchestra. Fu il mio primo esperimento nazionale. Oltre all'emozione ricordo anche la sorpresa nello scoprire un cachet umiliante. Presi coraggio e telefonai alla responsabile della parte finanziaria a Roma che dopo avermi ascoltato mi rispose: “Ma perché, non gli basta?” Vuol dire che da allora un po' di carriera l'ho fatta», conclude ironico davanti a una platea che non trattiene sorrisi e risate.

«Abbiamo creduto molto nel progetto - spiega il direttore di Rai Cultura Silvia Calandrelli - anche perché viene mostrato il lato umano e la generosità del Maestro, vero patrimonio dell'umanità, verso i giovani componenti della sua orchestra fondata proprio per formare i musicisti del futuro». Lezioni che mirano a raccontare la musica, a ricomporre i frammenti e proprio per questo vengono trasmesse nella loro interezza. Negli appuntamenti, che durano da un'ora a due ore e mezzo, Muti parlerà con i musicisti e con il pubblico tentando di abbattere il muro che si crea fra chi ascolta e chi esegue. Il tutto proponendo un secolo di musica che raccoglie insieme gemme poco conosciute, come il melodramma lirico Lélio di Berlioz, e capisaldi ben noti. Si parte con Il matrimonio inaspettato di Paisiello , per continuare poi con Il ritorno di Don Calandrino di Cimarosa, la sinfonia Jupiter di Mozart, l' Incompiuta di Schubert. Quinto e sesta puntata sono dedicate a Berlioz, si conclude con il Giuseppe Verdi de I vespri siciliani e La pastorale di Antonín Dvorák.

Dopo la chiusura del ciclo giovedì 10 dicembre andrà in onda in prima visione il Falstaff di Verdi diretto da Muti allo scorso Ravenna Festival.

E se un suo riavvicinamento alla Scala non sembra vicino una novità c'è: nel 2017 il Maestro tornerà a dirigere un'opera, L' Aida , all'interno del festival di Salisburgo dove da un po' si dedicava solo ai concerti.

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