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Mangia "corretto" e morirai di fame

I paradossi dell’estremismo alimentare sarebbero persino divertenti. Se non fossero letali...

Mangia "corretto" e morirai di fame

Ma i vegetariani schiacciano le zanzare? Non è una domanda trabocchetto, e una risposta approfondita la trovate in un libro della tedesca Karen Duve che si intitola emblematicamente Il giorno in cui decisi di diventare una persona migliore (Neri Pozza), nel quale l’autrice racconta come è diventata vegetariana, poi vegana, poi fruttariana. Un libro educativo in qualsiasi modo la pensiate perché dimostra che la vera coerenza ha un costo molto alto, e che perfino Beppe Grillo dal punto di vista ecologico è uno stronzo.
Non si usano le Nike perché le cuciono i bambini pakistani, né gli iPhone perché li producono lavoratori cinesi imprigionati nelle fabbriche e sottopagati, ma non si mangiano neppure le liquirizie della Haribo, perché «la Haribo è stata sospettata di aver utilizzato lavoratori deportati durante la seconda guerra mondiale». Né si beve Coca Cola perché ti fa bene, come cantava Vasco Rossi, manco per idea, «la Coca Cola è accusata di esercitare pressioni sul personale dei suoi impianti in Colombia con l’aiuto di formazioni paramilitari di destra». Fossero state almeno di sinistra un sorsetto si poteva bere. In ogni caso prima di indossare o ingerire qualsiasi cosa dovete fare ricerche allucinanti. Andare a fare la spesa al biologico non basta. Un vegetariano, per esempio, la zanzara alla fine forse la schiaccia, ma un vegano no, si farebbe sbranare da una tigre per rispettare la volontà della natura. Non si mangia neppure il miele delle api, perché «non si ruba il frutto del lavoro altrui». Idem per le uova delle galline, o per il latte delle mucche.
Non è solo questione di cibo, anche vestirsi è un casino. Non vestirsi di pelle è il minimo, ma mica finisce lì: «Nella giacca di ecopelle c’è un problemino che naturalmente mi è venuto in mente dopo» scrive la Duve. «Sospetto che sia ricavata dal petrolio. Così naturalmente non salvo il mondo. Una persona ecologicamente corretta probabilmente non dovrebbe comprare un bel niente». Per camminare ci sono le scarpe vegane, che non utilizzano colle derivate da grassi animali. Sono brutte da fare schifo ma si cammina senza sensi di colpa. Tuttavia perfino il vegano è ancora troppo cinico per un fruttariano, il quale mangia solo frutta e verdura che non abbiano danneggiato la pianta, quindi una mela caduta dall’albero sì, ma «niente rape, niente patate, niente spinaci», perché si recidono le radici uccidendo la pianta, è un pianticidio. Coerentemente, c’è da notare, se un fruttariano trova un animale morto per strada, in caso di bisogno lo mangia, purché sia morto per cause accidentali. Idem se un pollo muore d’infarto immagino si possa mangiare, forse per questo gallina vecchia fa buon brodo.
Quelli più corretti sono i gianisti, che rifiutano di esercitare violenza su qualsiasi vivente. Anche un antibiotico è uno sterminio, quindi andranno rispettati perfino i tumori, non vorremo avvelenarli con la chemioterapia? Certo, qualcosa dovranno pur mangiarla pure i gianisti, ma in India ci sono quelli che si nutrono di prana, di energia vitale, tipo Prahlad Jani che non mangia e non beve da settant’anni. Tutto vero, tutto verificato, non si sa da chi. C’è comunque un trucco: Jani riceve un nettare da una dea indù attraverso un buchino nel palato. Ecco, poteva dirlo prima. Io non capirò mai la distinzione tra «biologico» e «chimico», sottintendendo il biologico come naturale e il chimico come artificiale, sintetizzato in laboratorio: tutta la vita è chimica. Il nostro stesso umore cambia a seconda dei livelli di serotonina o dopamina nelle sinapsi cerebrali. Inoltre, ammesso e non concesso, preferisco sopravvivere di farmaci artificiali che morire prima di morte naturale. Invece filosoficamente gli ambientalisti estremi vivono in un paradosso di fondo costante: da una parte idolatrano la natura, dall’altra la negano, volendola buona quale la natura non è. Tipo il protagonista di Into the wild di Sean Penn: l’unico momento bello è quando questo scemo muore di bacche avvelenate dopo due ore di film. Così da una parte l’intelligenza «è una qualità evolutiva tra le tante», dall’altra però abbiamo dei doveri etici diversi dagli altri animali, ok, però dovrebbero decidersi: o siamo superiori o siamo inferiori. La Duve ha deciso, l’essere umano è inferiore a una piantina di riso, addirittura «gioca in serie C, nella stessa categoria del nematode caenorhabditis elegans». Tuttavia se siamo inferiori perché questi bei discorsini morali non va a farli a un ghepardo, che la sbranerebbe senza problemi come sbrana una gazzella viva tra sofferenze inenarrabili?
Alla fine perfino a me che di carne ne mangio pochissima il libro della Duve ha fatto venire un intenso desiderio di addentare una bistecca al sangue.

Come gli avvisi sulle sigarette ti fanno venire voglia di iniziare a fumare o non smettere mai, o come la puntata di Report contro l’aspartame usato come dolcificante, con annesso complotto delle solite multinazionali cattive: per reazione adesso controllo sempre le etichette, più aspartame c’è più mi piace, grazie alla Gabanelli la Coca Zero mi sembra ancora così buona.

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