Cultura e Spettacoli

Munari, Dadamaino&Co. Ecco l'arte su cui investire

Tornano di moda le "correnti" degli anni '60 e '70 a lungo penalizzate dal concettuale puro e dall'Arte povera. Tutto nacque in Germania con il Gruppo Zero. E l'Italia fece la sua parte...

Nanda Vigo
Nanda Vigo

Se si vuol respirare vento di novità nell'arte italiana, bisogna riportare indietro le lancette dell'orologio della storia a quel periodo compreso tra la fine degli anni Cinquanta e i maturi anni Settanta, tra le ultime prove dell'Informale e il definitivo affermarsi dell'Arte Povera. Oggi sono infatti tornate di gran moda quelle tendenze rimaste a lungo “schiacciate” dal concettuale puro e in parte dalla Pop Art, che pure influenzarono il gusto di un decennio e di cui alcuni dei protagonisti sono ancora attivi.

Non c'entra soltanto la tendenza vintage che imperversa da noi nella moda, nel design e nell'architettura. C'è di più: una vera e propria riscoperta di un mondo in chiave sia critica, sia di mercato. Il prossimo autunno si annuncia con un profluvio di mostre dedicate all'arte cinetica e programmatica, alla pittura analitica, alla nuova geometria, all'optical. Il 10 ottobre inaugurerà al Guggenheim di New York la rassegna «Zero. Countdown to Tomorrow», prima grande mostra americana dedicata al celebre Gruppo Zero, formatosi in Germania. Mentre in assoluta contemporanea al Padiglione delle Arti di Marcon, sulla terraferma veneziana, andrà in scena «Around Zero», un'ampia rassegna su tutti i linguaggi influenzati dall'esperienza tedesca.

I prezzi degli artisti italiani coinvolti in questa rivoluzione del gusto sono in netta ascesa: basti pensare alla continua salita delle valutazioni delle opere di Agostino Bonalumi , scomparso poco più di un anno fa, che ormai si sta avvicinando ai valori di Enrico Castellani . Oppure di Dadamaino , morta da dieci anni, che si poteva acquistare a qualche decina di migliaia di euro non molto tempo fa e che oggi viene considerata tra i precursori italiani di quella pittura mentale e fredda, ma mai artificiosa, che in diversi considerano la vera risposta europea al minimalismo statunitense. Un pezzo importante e storico di Dadamaino ha superato, nel 2014, i 100mila euro. Pezzi cari, dunque, ma non ancora inarrivabili: alcuni dei nomi di punta di movimenti e gruppi sono ancora abbordabili da parte di un collezionismo intelligente, accorto, al quale piace circondarsi di opere importanti in chiave anche di sicura rivalutazione a breve.

C'è una data e una mostra chiave, per capire ciò che stava accadendo in quel frangente storico interstiziale noto come il periodo delle Neoavanguardie. Siamo in Germania, a Leverkusen, nel 1960, e «Monochrome Malerei», curata dallo storico dell'arte Udo Kultermann (1927-2013), metteva a confronto tutte quelle esperienze contrassegnate da un'idea residuale di pittura. Partendo da una base anti-realistica e dall'assunzione della forma astratta derivata in buona parte dalle esperienze americane di Mark Rothko e Barnett Newman, vi si aggiunge un'idea di pittura meccanica, dinamica, oggettiva e industriale. Di fronte a tali oggetti - è improprio ormai chiamarli quadri - lo spettatore non si limita a un ruolo di contemplatore passivo, ma gli si chiede di interagire diventando egli stesso coprotagonista dell'avventura percettiva. Già Lucio Fontana, con l'invenzione dello Spazialismo supera la forma statica e immutabile, ma dall'inizio degli anni Sessanta in poi gli esperimenti si complicano in movimenti instabili, ad esempio lo «Spazio Elastico» di Gianni Colombo .

La città di riferimento, non a caso capitale del design europeo, è Milano, ma alla mostra tedesca del marzo 1960 partecipò anche Francesco Lo Savio , artista vicino al pop romano e in linea con i primi monocromi di Mario Schifano. In Italia, come in Europa, è una temperie culturale organizzata in diversi gruppi, peraltro mobili, attenti a interagire con altre forme del sapere, come la parola scritta e la scienza.

Stabilito il ruolo di precursore del Gruppo Zero, l'Italia non è da meno con il Gruppo N fondato a Padova nel 1959 e attivo fino al 1964 con Alberto Biasi , Toni Costa e Manfredo Massironi . Sempre dal Veneto viene poi Franco Costalonga , ottantenne, oggi protagonista di un'autentica riscoperta di mercato. Su Milano gravitano il Gruppo T di Gabriele De Vecchi , Davide Boriani , Giovanni Anceschi e Gianni Colombo ; e il designer Enzo Mari , Bruno Munari e Getulio Alviani con opere in alluminio denominate «Superfici a testura vibratile». Nanda Vigo , oltre che artista è stata tra i maggiori designer per Driade. Il siciliano Turi Simeti ha proseguito la lezione di Bonalumi e Castellani con tuttavia una pittura più calda e mediterranea.

Insieme a Paolo Scheggi , toscano, morto giovane nel 1971 e piuttosto costoso, sono questi alcuni nomi su cui puntare per una collezione ambiziosa che ben rappresenta «l'età dell'oro» dell'arte italiana.

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