Cultura e Spettacoli

Nel Mediterraneo nuota il futuro della nuova Europa

Il mondo nordico, tecnocratico, protestante e calvinista non può fare a meno del Medioriente. Che lo illumina da sempre

Ulisse tentato dal canto delle Sirene in un quadro di Herber James Draper
Ulisse tentato dal canto delle Sirene in un quadro di Herber James Draper

«Nulla mi ha più formato, impregnato, istruito - o costruito - di quelle ore rubate allo studio, distratte in apparenza, ma votate nel profondo al culto inconscio di tre o quattro divinità incontestabili: il Mare, il Cielo, il Sole. Ritrovavo senza saperlo, non so quali stupori e quali esaltazioni primitive. Non vedo quale libro potrebbe valere, quale autore potrebbe creare in noi quegli stati di stupore fecondo, di contemplazione e di comunione che ho conosciuto nei miei primi anni. Meglio di qualunque lettura, meglio dei poeti, meglio dei filosofi, certi sguardi, lanciati senza pensiero definito né definibile, certe soste sui puri elementi della luce...» Paul Valéry
L'estate va finendo e nel congedo settembrino leggo in riva al mare le folgoranti Ispirazioni mediterranee di Paul Valéry (Mesogea, pagg. 67, euro 6). Risalgono al 1933 e sono un inno all'amor fati, cioè alla gratitudine di essere mediterranei: «Sono nato in uno di quei luoghi in cui avrei desiderato nascere». Leggo Valéry al sole, davanti al mare e al cielo, e ritrovo davanti il senso fluente e luminoso della mediterraneità. Nota Valéry che il pensiero nacque sulle rive del Mediterraneo perché qui sono riuniti tutti gli ingredienti sensibili, gli elementi e gli alimenti che lo generano: luce e spazio, libertà e ritmo, trasparenze e profondità. E in sintonia con le condizioni naturali emergono gli attributi della conoscenza: chiarezza, profondità, vastità, misura...
Alla Fiera del Levante di Bari, che chiude i battenti, un imprevisto elogio del Mediterraneo è venuto da un uomo grigio-autunno e tutt'altro che mediterraneo, il Tecnico filotedesco Mario Monti che ha evocato il ruolo di battistrada del Mezzogiorno italiano nel Mediterraneo. Tesi antica, e poi ripresa nell'Italia unita da Crispi, Mussolini, Mattei e Craxi... Oggi invece è una tesi in prevalenza connotata dal «pensiero meridiano» di Franco Cassano e dal crocevia mediterraneo esaltato da Nichi Vendola.
Ispirazioni mediterranee si intitola anche un altro libretto francese, di Jean Grenier, maestro di Albert Camus a sua volta ispiratore del pensiero meridiano e bigamo mediterraneo, metà di sponda algerina, metà di sponda francese. Per Grenier il Mediterraneo è «uno spazio breve che suggerisce l'infinito». Un vasto pensiero italico, dalla scuola pitagorica a Vico, poi nel secolo scorso unito a una copiosa letteratura, si ritrova nel grembo mediterraneo.
A vederlo nel mappamondo, il Mediterraneo è una culla situata al centro del pianeta. E al centro di questo bacino, di questa culla, c'è la penisola italiana e le sue isole. La centralità dell'Italia nel Mediterraneo e del Mediterraneo nel mondo è davvero una realtà prima che un pensiero. Tre continenti si affacciano su questo balcone unico al mondo. La varietà è di casa nel Mediterraneo nei frutti come nelle civiltà. Come la mitezza del clima e il sapore d'anice.
Sul piano storico il Mediterraneo, si sa, è il bacino da cui dipartirono le più significative civiltà, in cui presero corpo le religioni e le filosofie, i codici giuridici e i reggimenti politici, democrazia inclusa, le scoperte e le scienze che hanno pervaso il pianeta. «Giammai e in nessuna parte del mondo s'è potuto osservare in un'area così ristretta e in un così breve intervallo di tempo, un tale fermento di spiriti, una tale produzione di ricchezze» si legge in Valéry.
Ma oggi il Mediterraneo cos'è? È il luogo dell'Europa tardiva, del meridione a rimorchio, dei Paesi indebitati, della Primavera Araba, della fratellanza islamica, del terrorismo, dei barconi di affamati. Questa l'immagine prevalente. Ma potrà mai immaginarsi un'Europa compiuta che rinneghi il Mediterraneo con le sue radici greche, romane, cristiane, oltre le contaminazioni arabe e giudaiche, turche e normanne? E potrà mai pensarsi l'integrazione europea come un puro adeguarsi al paradigma nordico, tecnico, finanziario, cancellando l'inevitabile dualità europea tra la civiltà mediterranea, cattolica e ortodossa, e la civiltà nordica, protestante e calvinista? Si potrà mai pensare l'equilibrio europeo e globale senza tentare di armonizzare i tre continenti, le tre religioni e le culture madri che si affacciano nel Mediterraneo? Oltre gli europei qui ci sono gli arabi, i turchi, gli egiziani, gli illirici e anche gli slavi del croato Pedrag Matvejevic, autore e fautore del Mediterraneo.
Le principali allergie verso il Mediterraneo sorgono oggi tra i liberali e tra i tecnocratici, tra i mondialisti e tra i nordisti. È curioso pensare che il più lucido fautore della Repubblica mediterranea sia stato il principale teorico della Lega e della Padania, Gianfranco Miglio. Rifacendosi a Carl Schmitt e alla tradizione filosofico-giuridica italiana, Miglio ricordava che l'Italia, a differenza dei Paesi nordici e protestanti, in cui vige il comando impersonale della legge, è un Paese mediterraneo fondato sulla mediazione personale e comunitaria. Da qui l'idea di una repubblica mediterranea, basata su un rapporto fiduciario e diretto tra popolo e leader. Miglio riconosceva l'autonomia sovrana della politica e avversava il dominio delle oligarchie finanziarie e tecnocratiche. Non voleva neutralizzare la politica ma era un fautore del decisionismo su base popolare e partecipativa. Che si debba cercare nei fondali del Mediterraneo la risposta alla crisi economica, alle speculazioni finanziarie e all'asservimento da debito?
L'Europa è un albero che dà frutti al nord, ma il tronco è italiano e le radici sono piantate nel Mediterraneo, da cui traggono linfa, luce e calore.
Torno al geopensiero di Valéry, alla filosofia imbevuta di paesaggio, al suo occhio che «abbraccia insieme l'umano e l'inumano», ai porti mediterranei che descrive animati da un solo personaggio, la Luce. Quei porti dagli odori intensi che sono per lui un'enciclopedia o una sinfonia olfattiva; quel mare che per primo rende concepibile il possibile; quel pensiero che nasce dalla rarefazione del concreto, come un distillato della realtà, frutto soprannaturale della natura; quei puri elementi della luce che suggeriscono agli spiriti contemplativi le nozioni di infinito, di profondità, di universo; quel sole che introduce il modello di una potenza trascendente, di un signore unico; quell'uomo che misura tutte le cose nacque sulle sue sponde, qui diventa soggetto della polis e sviluppa come in nessun altro luogo il potere fascinoso della parola. Qui l'essere sopravanza il fare, il fato torreggia sulla tecnica, le cose valgono più dei mercati finanziari.


Ispirazioni mediterranee per un pensiero che non si arrende all'economia.

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