Cultura e Spettacoli

Quando la vera letteratura sbarcava (e sbancava) in Rai

Sono on line tutti i numeri de "L'Approdo", versione stampata della storica trasmissione radio-televisiva

Quando la vera letteratura sbarcava (e sbancava) in Rai

«Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale/ e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino». Il premio Nobel per la letteratura Eugenio Montale scrisse questi versi famosi il 20 novembre 1967. Fanno parte della seconda serie di Xenia, composta da 14 poesie riunite, per la prima volta nella loro completezza, sul numero 42 del 1968 del trimestrale L'Approdo letterario. Erano accompagnati da una stringata ma preziosa introduzione di Silvio Ramat, capace di collocare, «in presa diretta» come si direbbe oggi, le nuove composizioni all'interno dell'opera del poeta genovese. Nello stesso numero, accanto a Montale, troviamo un saggio di Carlo Bo su Jahier, Sbarbaro e la Voce; un'analisi accurata della poesia di Clemente Rebora condotta in punta di penna da Mario Luzi; le traduzioni dall'Odissea di Giuseppe Ungaretti, che il poeta ha letto in televisione, come introduzione al famoso sceneggiato Rai; un brano inedito degli Indifferenti di Alberto Moravia; scritti di Sergio Solmi e altri studiosi; una rassegna delle novità di letteratura e filologia firmata, tra gli altri, da Piero Bigongiari e Lanfranco Caretti.

Abbiamo scelto un numero a caso della rivista edita dalla Rai tra il 1952 e il 1977, con una pausa tra il 1955 e il 1958 seguita da un piccolo cambio nel nome della testata, da L'Approdo a L'Approdo letterario. La notizia è che, grazie alle Teche Rai, tutti i numeri sono ora disponibili per la lettura on line, all'indirizzo approdoletterario.teche.rai.it. Il consiglio è di aprire il sito e di immergersi nella lettura di un fascicolo a caso: resterete comunque sbalorditi dalla miscela di opere all'epoca inedite e di divulgazione di altissimo livello, affidata ai migliori scrittori, artisti, critici e filosofi del Paese. Se siete giovani, lo stupore si tramuterà in choc nel momento stesso in cui vi si parerà davanti agli occhi la spiegazione dell'intero progetto. L'Approdo, infatti, nacque come versione stampata della trasmissione radiofonica iniziata nel 1945 sotto la direzione di Adriano Seroni, Giovanni Battista Angioletti e Leone Piccioni. Quest'ultimo fu l'artefice del passaggio alla televisione, con la conduzione di Edmonda Aldini e Giancarlo Sbragia. Il periodico era stampato da Eri a Torino, direzione a Roma, redazione a Firenze. Direttori furono Giovanni Battista Angioletti e, alla sua morte, Carlo Betocchi. Insomma, nell'arco di due o tre generazioni, la cultura letteraria in Rai è passata da Caproni, Pasolini, Gadda, Calvino e Buzzati a Masterpiece. E non lamentiamoci troppo di Masterpiece, perché da anni c'era niente, a parte alcune rubriche/trasmissioni di marchette travestite da recensioni e interviste. (Fanno eccezione alcuni programmi confinati però su canali di cui quasi tutti ignorano l'esistenza oppure trasmessi a orari più adatti ai vampiri che agli esseri umani).

Comunque, ecco qualche esempio di cosa potete trovare e leggere per intero nel sito dell'Approdo in un paio di pomeriggi di navigazione intensiva. L'indice del primo numero mette quasi soggezione, tra un Roberto Longhi di là e un Attilio Bertolucci di qua, passando per l'immancabile Giuseppe Ungaretti. Correte alle ultime pagine: c'è un calendario poetico dell'anno 1952, appena iniziato. Ogni mese è descritto da una poesia, un racconto o un elzeviro. Firmano: Dino Buzzati, Giuseppe Ungaretti, Emilio Cecchi, Salvatore Quasimodo, Antonio Baldini, Mino Maccari, G.B. Angioletti, Corrado Alvaro, Gianna Manzini, Vitaliano Brancati, Diego Valeri, Carlo Emilio Gadda. Un buon anno, non c'è che dire. Nel numero 3 del 1953, c'è un altro assiduo dell'Approdo, Giorgio Caproni, con l'elzeviro La lepre, poi Danza della lepre, edito in volume nel 2004 da Scheiwiller (Aria celeste. E altri racconti). Nel numero 4 dello stesso anno, un certo Pier Paolo Pasolini, autore non ancora affermato, anche se alle prese con l'abbozzo di Ragazzi di vita e Le ceneri di Gramsci, chiarisce che Carlo Emilio Gadda è il cuore del Novecento (e qui segnalo l'unica pecca che abbia trovato nel sito: mancano alcune righe in fondo al testo). Nel numero due del 1964, Roberto Longhi firma il «coccodrillo» di Giorgio Morandi (Exit Morandi), se non fosse comico definire «coccodrillo» quella che a tutti gli effetti è una pagina critica di primaria importanza, in cui il pittore, allora non ancora canonizzato, viene descritto come «secondo a nessuno» nel Novecento. Tra un'intervista a Calvino su Vittorini, e un'altra ad Arnoldo Mondadori su se stesso, tra un numero speciale su Satura di Montale (con testimonianze inedite, ovvio) e un altro in memoria di Giacomo Debenedetti, rischiate di passare molto tempo connessi a internet. E pensare che un tempo qui era (quasi) tutta televisione..

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