Cultura e Spettacoli

Scenate e insulti feroci. Quando gli scienziati fanno volare gli stracci

Newton attaccò e fu attaccato da tutti, Darwin si affrettò a pubblicare "L'origine della specie" dopo aver letto il saggio sull'evoluzionismo di un collega

Scenate e insulti feroci. Quando gli scienziati fanno volare gli stracci

«Nullis in verba», questo era il magnifico motto della Royal Society, un organismo privato e autonomo fondato nel 1660, che ribalta il principio filosofico e religioso della verità basata sulla parola. Al principio non era più il verbo campato per aria, ma la sperimentazione, lo studio, la realtà basata sui fatti. Erano tempi, tanto per capirci, in cui ancora si pensava che una cometa portasse la peste, a nessuno veniva in mente di guardarsi dalle pulci.

Frequentata dalle più brillanti menti del tempo, da Robert Hooke a Isaac Newton, da Christiaan Huygens a Gottfried Leibniz, la Royal Society non era un idillio rose e fiori, e la storia delle sue baruffe è raccontata in un bel saggio di Andrea Frova e Mariapiera Marenzana intitolato N ewton & Co. - Geni bastardi , edito da Carocci. Il libro sfata il mito dello scienziato corretto e educato: questi erano delle iene, degli stronzi belli e buoni. Geniali stronzi ma stronzi, permalosi, egocentrici, perfidi, e d'altra parte non poteva essere altrimenti, perché anche uno scienziato è un uomo, con le sue ambizioni e il suo desiderio di riconoscimento pubblico.

Una figura centrale delle polemiche era Robert Hooke, per l'eclettismo che lo contraddistingueva (era definito «il Leonardo da Vinci inglese») metteva becco ovunque e talvolta ci beccava, altre prendeva cantonate. Intuisce con secoli di anticipo l'evoluzionismo, ma si scontra violentemente con Newton sulla natura della luce: per Hooke era ondulatoria, per Newton particellare. In realtà dovremmo aspettare il secolo scorso, con la meccanica quantistica, per sapere che avevano ragione entrambi: a seconda delle condizioni, la luce si comporta sia come un'onda sia come una particella, ma all'epoca furono botte da orbi. D'altra parte i due erano due tipi troppo diversi: isolato, schivo, riservato e disinteressato al sesso Newton (per Voltaire non aveva mai incontrato una donna), mondano e eccentrico Hooke, che annotava perfino i suoi orgasmi e gli intrugli che beveva, come lo «spirito d'urina», un distillato di urina putrefatta, ritenuto salutare.

Alla Royal Society se le davano di santa ragione in ogni campo, dalle stelle (grande polemica sul primato dell'invenzione del primo telescopio a riflessione, ancora oggi è in dubbio se sia stato Newton o Hooke a inventarlo) alle stalle (si iniettava sangue di pecora a cavie umane) e perfino agli orologi: Hooke si vantava di aver inventato il primo orologio a molla, e in effetti così era, ma quello di Huygens funzionava meglio, e si gridò al complotto, tra parolacce, indignazioni, lettere di lesa maestà e minacce di dimissioni.

Huygens, dal canto suo, entra in contrasto anche con Newton sulla composizione dei colori, sostenendo che si poteva ottenere la luce bianca anche sommando due soli colori complementari (verissimo) e suscitando lo sdegno di Newton, accusato infine di avere una filosofia «non vera e non sana». Erano grandi scienziati, erano pionieri, e non avevano lo stile e la furbizia di Charles Darwin, due secoli dopo: quando un suo ammiratore, Edgar Wallace, gli spedì uno studio sull'evoluzione, fu lui stesso a presentarlo alla Royal Society, ma si affrettò a pubblicare L'origine delle specie , più vasto e completo, altrimenti al posto del darwinismo avremmo parlato di wallacismo. Wallace, correttamente, riconobbe la superiorità del maestro. Non dimentichiamo, infine, che nel XVII secolo scienza e teologia si mischiavano pericolosamente: lo stesso Newton credeva in un «essere incorporeo, vivente, intelligente, nello spazio infinito», idea poi sviluppata in seguito dal reverendo William Paley. Oggi, sebbene ridicola per la scienza, continua a vivere nei pochi ma rumorosissimi sostenitori del disegno intelligente. Curiosamente molte credenze errate sono rimaste perfino nel lessico comune, ancora si parla di «etere», sostanza inesistente che secondo il pensiero dell'epoca trasmetteva tutto, dalla luce alla gravità.

Tuttavia, attenzione, non si prendano queste diatribe per corroborare il mito del genio isolato, che da noi ha sempre preso molto piede, bastano un Di Bella o un Vannoni o un qualsiasi santone perché gli si vada ciecamente dietro (infatti, scientificamente, dopo Galileo, in Europa il nostro paese resterà il fanalino di coda). Pur volando stracci e insulti, la scienza è un lavoro collettivo e alla lunga vince sempre, e la verifica del metodo sperimentale è implacabile, non si possono imbrogliare le carte; la verità viene sempre a galla perché, appunto, nullis in verba , figuriamoci: in Italia, al contrario, vige il principio contrario, dell' omnia in verba .

Altrimenti i nostri talk show non saprebbero di cosa parlare.

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