Cultura e Spettacoli

Se l’ignoranza radical cancella una poesia per rinnegare la Storia

Artista afroamericana copre "If" di Kipling: "Razzista". Ma il testo è lo spirito di un Paese

Se l’ignoranza radical cancella una poesia per rinnegare la Storia

I nazisti bruciavano i libri simbolo della cultura degenerata. Gli studenti dell’università di Manchester, fieri avanguardisti del pensiero liberale, progressista e multi-culturale, cancellano un murales con il testo di If, la poesia-culto di Rudyard Kipling, per ricoprirla con i versi di Maya Angelou, un’attivista del movimento anti razzista afro-americano sconosciuta ai più.

A sentir quanto spiegato su Facebook da Sara Khan, portavoce degli studenti, i versi di uno scrittore razzista e imperialista come Kipling «rappresentano l’opposto dei valori di libertà, emancipazione e diritti umani per cui ci battiamo». Incongruenze e banalità a parte, c’è da chiedersi se la «militonta» Sara Khan si sia degnata di leggere il murales prima d’imbrattarlo e riverniciarlo. In quello scritto non c’è la minima traccia di razzismo, né la più vaga concessione all’imperialismo. Non a caso la poesia era una delle preferite di Antonio Gramsci che la tradusse e la divulgò in Italia con il sottotitolo di «Breviario per i laici».

Non a caso Oriana Fallaci la cita nel romanzo Un uomo dedicato ad un Alexandros Panagulis in lotta con la Grecia dei Colonnelli. In quei versi immortali, dedicati a suo figlio John, Kipling descrive virtù, doti e caratteri che identificano un vero uomo distinguendolo da un ragazzino. In quei versi lo scrittore insegna a «mantenere la testa quando tutti intorno a te la perdono» ad «avere fiducia in te stesso quando tutti ne dubitano» rispettando però i dubbi degli altri. Invita a «sognare, senza fare del sogno il tuo padrone», a «confrontarsi con Trionfo e Rovina e trattare allo stesso modo questi due impostori». In quei versi tanto amati da un Indro Montanelli che li definì un breviario dello stoicismo moderno sono contenuti indicazioni e suggerimenti per conquistare stabilità e autocontrollo, diventare i signori di noi stessi e superare difficoltà e pericoli della vita.

Stabilità e autocontrollo che non paiono albergare, invece, nelle testoline di Sara Khan e compagni. Cresciuti ed educati nelle banalità del politicamente corretto, abituati a vivere nell’effimero e autocompiaciuto mondo virtuale di Facebook e Twitter s’illudono di poter cancellare non solo la Storia, ma tutto quel non gli aggrada con l’equivalente di un click. Ma quei versi non sono l’equivalente di una battuta virtuale. Quei versi rappresentano, malgrado Sara Khan e compagni, lo spirito e l’identità della nazione in cui stanno crescendo. Rappresentano l’icona e la sintesi di un Regno Unito che seppe opporsi a chi bruciava i libri in piazza anche perché credeva nei valori, nelle doti e nelle idee cantate da Rudyard Kipling. Non a caso oltre a decorare i muri delle università e delle Accademie militari del Regno Unito campeggiano anche all’entrata dei campi da tennis di Wimbledon.

Ma se l’ignoranza politicamente corretta e il giovanile fanatismo degli studenti di Manchester sono in parte comprensibili fa specie leggere, sul Corriere della Sera di ieri, l’intervista in cui Nicola Gardini, docente di letteratura italiana e comparata all’università di Oxford, giustifica l’imbrattatura di If con la necessità di «star al passo con i tempi». Allora cancelliamo anche l’Iliade e l’Odissea. E pure quella noia di Divina Commedia. Al pari di If non hanno più nulla da dire. Molto meglio sostituirli con la lettura collettiva dei post di Facebook e Twitter.

E regalare così a Sara Khan e compagni una cultura veramente emancipata, sinceramente liberale e, soprattutto, autenticamente attuale.

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