Cultura e Spettacoli

Gli uomini di Murakami non meritano le donne

In ogni racconto della sua nuova raccolta il sopravvalutato scrittore giapponese parla di tipi lasciati dalle amanti Per forza, sono tutti noiosi e spaventati. Come il loro autore

Gli uomini di Murakami non meritano le donne

«Come due belve affamate, sotto la luce accesa, senza parlarsi, i due si saziarono della carne bramata. Fecero l'amore in tanti modi e posizioni, senza mai fermarsi». Qualcuno ci salvi da Murakami prima che gli diano il Nobel: toglietegli la penna, il computer, le falangi, qualsiasi cosa usi, suggeritegli una fine eroica da samurai alla Mishima. Mi riferisco a Haruki Murakami, non a Ryu Murakami: il secondo è l'autore di romanzi pornopop come Tokyo Decadence e Tokyo soup , e in qualche modo sopportabile, il primo imperversa con venduti best seller intellettualmente sopravvalutatissimi come il mastodontico 1Q84 , che perfino io, così poco orientale, mi sono intestardito a leggere per sapere cosa significasse la Q, ma mi sono stufato prima, d'altra parte già non tollero il Sudoku.

Per carità, la sua estetica è molto nipponica, forse andrebbe letta in ideogrammi: lingua pulita e piatta declinata in uno stile favolistico dove non succede mai niente ma sembra che succeda sempre qualcosa di fondamentale, soprattutto intorno a te che leggi, mentre stai per addormentarti tra un amplesso, un gatto, un fiore di loto, basta una finestra che sbatte e ti prende un colpo.

Astutissimo nei titoli, Murakami ha capito che Kafka tira, soprattutto se decontestualizzato e balnearizzato. Per Kafka sulla spiaggia ha vinto il Premio Franz Kafka (e secondo me l'ha fatto apposta, se ci fosse stato un Premio James Joyce avrebbe scritto «Joyce in discoteca»), tant'è che Kafka rispunta anche nel suo ultimo libro di racconti, appena pubblicato da Einaudi: Uomini senza donne (pagg. 228, euro 19). Idea simpatica, in teoria, cioè la metamorfosi al contrario: in Samsa innamorato uno scarafaggio si risveglia come Gregor Samsa, il problema è che poi si innamora, e non c'è nulla di peggio di un giapponese innamorato. Ho l'impressione che anche Murakami si annoi, perché basta un niente e si spaventano a morte. «Un altro silenzio calò tra i due. Si udì il rumore di qualcosa che passava davanti a casa tirando un carretto. Un rumore sinistro che toglieva il fiato». Il famoso attacco di panico che ti prende ogni volta che senti passare un carretto.

Tuttavia a suo modo è un genio, non so come ci riesca, le sue descrizioni sono talmente didascaliche e banali da far sembrare barocco e originale perfino Fabio Volo, con metafore e similitudini da arazzo orientale in un tempio zen tra ninfee e spisciolare di fontanelle. «Storse la bocca in una smorfia che ricordava una di quelle appuntite sciabole cinesi». Oppure: «La ragazza lo osservò con gli occhi che sembravano due pietre». In Italia nessuno riuscirebbe a scrivere così e passarla liscia, neppure Antonio Scurati, neppure Nicola Lagioia, neppure i romanzi porno di Eugenio Scalfari, invece Murakami te lo rifilano come un grande scrittore.

In un altro racconto, Kino , dopo l'accoppiamento di rito spuntano enigmi che solo un giapponese può trovare tali: «Kino, come sempre, non riusciva a capire se venissero al bar prima di fare sesso o dopo. Ma da una delle due alternative non si scappava, su questo non aveva dubbi». Ogni racconto è più o meno la storia di un giapponese lasciato da qualche donna, segno che le donne giapponesi sono intelligenti. Kafuku, un attore tradito dalla moglie, prende come autista una ragazza e la con rintrona la storia del suo matrimonio fallito. «Perché lei sentisse il bisogno di andare a letto con un altro, Kafuku non l'aveva ancora capito. Ancora adesso non riusciva a spiegarselo». Non riesci a spiegartelo perché sei un imbecille, Kafuku.

Ma il massimo sono le descrizioni dei genitali e degli atti sessuali. «Facevano sesso attenendosi grossomodo alle fasi usuali, quasi unissero le forze per assolvere insieme un compito. Quando lei aveva le mestruazioni, per ottenere lo scopo usava le mani». «Habara mise un preservativo e la penetrò (lei gli aveva chiesto di usare un profilattico dall'inizio alla fine) e dopo una durata di tempo adeguata lui eiaculò». Non spiega quanto sia una durata adeguata (i giapponesi, si sa, ce l'hanno piccolo, ma magari durano adeguatamente), e in ogni caso per Murakami è un mistero insondabile perfino l'erezione, descritta come potrebbe farlo un incrocio tra il libretto di istruzioni di un compressore e un quarto segreto di Fatima: «Il suo organo sessuale, che fino allora era penzolato inerte, crebbe in spessore e lunghezza, e cominciò a sollevarsi verso l'alto. Il che produsse una protuberanza sul davanti della vestaglia. Ma cosa significava tutto questo?».

Un cazzo, appunto.

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