Cultura e Spettacoli

La vera utopia? Eliminare tutti gli imbecilli

Un uomo (quasi) normale decide di farla finita con gli idioti che gli rovinano inutilmente la vita. Ed è un massacro, dalla portinaia ai burocrati, passando per cafoni di ogni genere

La vera utopia? Eliminare tutti gli imbecilli

È difficile definire un imbecille, perché ciascuno rischia di essere l'imbecille dell'altro. Tuttavia qualche parametro oggettivo esiste, ci sono categorie di imbecillità che sono universali. Inoltre, siccome siamo dei primati sociali, la vita quotidiana è una continua repressione di istinti omicidi, mi chiedo per esempio cosa succederebbe se tutti gli automobilisti avessero il porto d'armi e la licenza di uccidere.

E io, quante volte ho desiderato uccidere quel tal impiegato delle poste che mi tratta come se fosse lì a farmi un favore forzato. E quella vicina che quando passo con il cane si allontana schifata, adducendo non so quale trauma infantile, quante volte ho pensato di infilarle in casa un rottweiler furioso. E quel burocrate amministrativo di una casa editrice che fa di tutto per complicarti la vita. E quella signora che ieri voleva farmi spegnere il sigaro all'aperto, perché lei non voleva andare dentro il locale. E quel critico letterario che mi ha stroncato il romanzo senza capirci niente. E Pierluigi Diaco, che mi telefonò cercando di convertirmi al cristianesimo. (Ovviamente Diaco avrebbe voluto uccidere me, e dirà che sono io l'imbecille).

Nella realtà poi nessuno uccide nessuno, ci mancherebbe, mica siamo l'Isis (con cui i soliti imbecilli vogliono dialogare) ma pensarci non è reato. Tantomeno scriverne. Ecco perché consiglio la lettura de La strage degli imbecilli del francese Carl Aderhold, appena pubblicato da Fazi Editore, cioè da Elido Fazi, non a caso un editore che ho pensato di eliminare fisicamente quando rifiutò uno dei miei capolavori (a dire il vero la lista sarebbe lunga, da Marco Cassini di minimumfax a Raffaello Avanzini di Newton Compton fino a quegli stronzetti snob dell'Adelphi).

È una lettura liberatoria, e una storia molto semplice: un uomo arriva a un certo punto della sua vita in cui non ne può più di tollerare gli altri, e comincia a assassinare gli imbecilli che gli capitano a tiro. A cominciare dalla portinaia: «Non ho mai capito la nostalgia che alcune persone provano per le portinaie. La loro nocività è ampiamente dimostrata dall'uso e abuso che fanno del loro piccolo potere sugli inquilini dei palazzi». Non è forse così? E poi un impiegato dell'ufficio delle imposte, un automobilista cafone, un mendicante appiccicoso, un intero pullman di anziani, assassinando in trecento pagine centoquaranta imbecilli, senza contare cani e gatti.

Quest'ultima strage farà arrabbiare gli animalisti ma io la trovo molto ugualitaria, chi ama tutti gli animali è in fondo razzista, come chi ama i gay e i negri come categorie astratte; io gli animali non umani li amo talmente da considerarli uguali alle persone, e quindi ci saranno imbecilli di razza anche tra cani e gatti. Per citarne uno, il chihuahua di una mia amica non l'ho mai sopportato, è supponente, spocchioso, petulante, fastidioso, mentirei se affermassi di non aver mai desiderato spiaccicarlo sul divano sedendomici sopra, facendo finta di non averlo visto.

D'altra parte non c'è neppure bisogno di uscire di casa per desiderare stragi di non innocenti, colpevoli di idiozia, basta aprire il computer e leggere i commenti dei tuoi cosiddetti amici di Facebook, oppure basta accendere la televisione, e non solo quella italiana. Anche in Francia «l'idiozia faceva bella mostra di sé, si compiaceva, si pavoneggiava. Si direbbe che più le persone sono idiote, di un'idiozia tale che anche il più abbrutito dei telespettatori può prendersi gioco di loro, più hanno la possibilità di essere scelte». In fondo è un dato di fatto: per quanto si parli di meritocrazia, in democrazia la mediocrità arriva sempre al potere prima, pressoché in ogni campo, e gli imbecilli cooptano altri imbecilli.

Infine, per il giustiziere inventato da Aderhold, c'è perfino una morale sociale, in quanto «contrariamente a un'idea molto diffusa, gli imbecilli non sono recuperabili; su di loro le campagne di prevenzione non hanno alcuna presa. Una sola cosa può indurli non dico a cambiare, ma quanto meno a restare tranquilli: la paura.

Io voglio che sappiano che li sorveglio e che il tempo dell'impunità è finito».

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