da Milano
Il carico fiscale che grava sulle imprese si è alleggerito di circa il 9% negli ultimi 10 anni. Ma il peso delle aliquote sui redditi delle società attive in Italia resta comunque «troppo elevato», tra i più alti nei Paesi dell'Unione europea, secondo solo a quello della Germania.
Il confronto sullevoluzione delle aliquote nei vari Paesi dell'Ue è stato elaborato da Confindustria che, nellultimo rapporto del Centro Studi sulle tendenze dell'industria italiana, dedica un capitolo alla competitività fiscale dell'Italia.
La diminuzione della pressione fiscale sulle imprese, spiegano a Viale dellAstronomia, è iniziata «solo dal 1998, con la riforma Visco, in ritardo rispetto alle altre economie europee». L'obiettivo della riforma, ricorda il Centro studi, «era la razionalizzazione del sistema fiscale, ottenuta tramite la riduzione del numero di imposte e la maggiore neutralità del fisco rispetto sia alle scelte di finanziamento sia all'allocazione delle risorse». Guardando ai dati, infatti, tra la fine degli anni '80 e l'inizio dei '90 il peso delle aliquote è rimasto stabile al 46,4% (cè stata anche una punta massima, fino al 52,2%, registrata nel 1995). Solo nel 2000 si nota un primo deciso calo al 41,3%. Il peso scende ulteriormente nel 2002, al 40,3%, e poi nel 2004, assestandosi al 37,3%.
Complessivamente dal 1985 al 2004, il ridimensionamento è stato dunque del 9,1%. Nonostante la diminuzione, il 37,3% dell'Italia si confronta però con percentuali più basse nel resto dell'Unione europea: cioè con il 34,3% della Francia (dove il calo in 10 anni è stato di un più consistente 15,7%), con il 35% della Spagna (rimasto invariato nel decennio) e con il 30% del Regno Unito (-10% dal 1985). Per non parlare del 29% della Finlandia, del 28% Svezia e del 12,5% dell'Irlanda, il Paese che in assoluto penalizza meno dal punto di vista fiscale le proprie imprese.
Eccezione negativa è la Germania, dove, nonostante il calo del 24,4% registrato nel decennio, il peso delle aliquote sui redditi societari rimane al 38,3% (era ad oltre il 62% nel 1985).
Nel Paese, precisa tuttavia il Centro Studi di Confindustria, si sta comunque discutendo una possibile riforma per sostenere lo sviluppo delle imprese tedesche.