Politica

Il diritto non può calpestare la giustizia

Durante una rappresentazione teatrale il grande Ettore Petrolini fu interrotto da un contestatore in piccionaia una, due, tre volte. Alla quarta, il fine dicitore romano sbottò: «Non ce l’ho con te. No, ce l’ho con quello che ti sta accanto perché ancora non ti ha buttato di sotto». Anche il popolo di centrodestra non ce l’ha più di tanto con gli artefici dei pasticciacci brutti di Roma e di Milano, che con i loro incredibili comportamenti attivi e omissivi rischiano di ridurre la democrazia a mera farsa. Si tratta di poveri diavoli di periferia, spesso senz’arte né parte, che si muovono nel sottobosco politico in cerca di protezioni. Più che per la politica, per dirla con Max Weber, vivacchiano di politica e di nulla più.
Il popolo di centrodestra ce l’ha piuttosto con quei ras locali che li hanno rimpannucciati e mandati irresponsabilmente avanti. Allo sbaraglio. Anziché disfarsene al più presto possibile. A questo punto è saltato su qualcuno a dire che certe cose non accadevano ai tempi della Prima Repubblica. Perché allora, argomentano, c’erano partiti pesanti. Che però, ecco la facile obiezione, hanno portato dritto dritto a Tangentopoli per il loro costo insopportabile. Ai giorni nostri, grazie alle moderne tecnologie, i partiti non debbono essere né pesanti né leggeri, ma pensanti. Degli Eta Beta, secondo Giuliano Amato. Con una testa grossa e un corpo sottile. Soprattutto, con una classe politica degna di questo nome.
Ciò premesso, veniamo al dunque. C’è il diritto, ma c’è anche la giustizia. E sarebbe sommamente ingiusto se per colpa di un pugno d’incapaci la volontà popolare andasse a farsi benedire nelle imminenti elezioni regionali. E allora, che fare? A questo punto la parola passa alla politica. Ma il tempo stringe. E l’unica opzione possibile era un decreto legge - anche se per la sua conversione non si applica alla Camera il contingentamento dei tempi - che consentisse ai partiti di correre con pari opportunità. Anche perché non ci sono serie controindicazioni di carattere costituzionale.
I soliti Pierini di sinistra sono saliti in cattedra e hanno sentenziato che non si poteva procedere per decreto legge. E questo perché l’articolo 15 della legge 400 del 1988 stabilisce tra l’altro che il governo non può, mediante decreto legge, provvedere nelle materie indicate nell’articolo 72, quarto comma, della Costituzione. E, vedi caso, tra le materie elencate da quest’ultima disposizione c’è quella elettorale.
Messa giù così, sembrerebbe che il governo avesse le mani legate. Sennonché, come sosteneva Giovanni Giolitti, le leggi si applicano ai nemici e s’interpretano per gli amici. Ma i sullodati Pierini fingono di non sapere che chi ha fatto tesoro del motto di Palamidone è un uomo di sinistra. Si tratta di Luciano Violante. Ai tempi in cui era presidente della Camera, dette un’interpretazione per così dire riduttiva, di comodo, di quelle leggi elettorali delle quali fa parola l’articolo 49 del regolamento di Montecitorio. A suo avviso, sarebbero tali solo quelle volte a tradurre i voti in seggi. E non anche quelle semplicemente procedurali. Finendo per somigliare a quel fratacchione carnivoro che ogni venerdì, davanti a una bistecca, esclamava: «Ego te baptizo piscem».
Violante prese così due piccioni con una fava. Da un lato ottenne il contingentamento dei tempi fin da subito e dall’altro evitò alla maggioranza di centrosinistra il fastidio dello scrutinio segreto. I suoi successori si sono sempre comportati allo stesso modo. Non si tratta perciò di un precedente isolato. No, siamo in presenza di una giurisprudenza parlamentare così consolidata davanti alla quale, piaccia o no, non resta che fare tanto di cappello. Risultato: i soliti Pierini, che sono andati per suonarle, sono serviti di barba e capelli.
Per finire in bellezza, si fa per dire, ecco la riproposizione dello strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde mirabilmente descritto da Robert Louis Stevenson. Nei giorni pari Pier Luigi Bersani e Tonino Di Pietro indossano i panni del dottor Jekyll e dichiarano di non voler vincere a tavolino. Nei giorni dispari, però, vestono i panni del signor Hyde e si oppongono a qualsiasi tipo di decreto legge. Una contraddizione in termini degna di sepolcri imbiancati. Si vede che piace loro recitare due parti in commedia. Per la gioia dei soliti gonzi.


paoloarmaroli@tin.it

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