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Dodici milioni con l'emicrania, ma per la Sanità italiana la malattia non esiste

La denuncia arriva da un convegno della Sics. Mal di testa, cefalea, capogiri e attacchi «a grappolo» rappresentano il 15 per cento dei casi in cui ci facciamo visitare dal medico di famiglia, eppure sono considerate patologie minori e non rientrano nei protocolli dei livelli di assistenza

Quando «la capa gira». Quella fitta improvvisa, come un coltello che attraversa il cervello. O quella morsa che stritola il cranio e non si allenta. Tutti lo conoscono e ce l'hanno avuto almeno una volta, molti ne soffrono abitualmente, per qualcuno è diventato un stato invalidante. Ma per il Sistema sanitario nazionale, il mal di testa praticamente non esiste: è considerata una patologia minore, non risulta nei livelli essenziali di assistenza (Lea), non esiste un Drg che lo identifichi.
Eppure gli italiani che soffrono di mal di testa ricorrenti sono ben 12 milioni, di cui sei sono colpiti da emicrania e circa un milione da cefalea a grappolo. E ancora, sono 40 milioni gli italiani che hanno avuto almeno un attacco di cefalea tensiva nel corso dell'ultimo anno e oltre il 90 per cento della popolazione ne ha sofferto almeno una volta in tutta la vita. Numeri che richiederebbero un'attenzione sanitaria specifica che invece nel nostro Paese manca, come denunciano i massimi esperti italiani riuniti a Riccione per il Congresso nazionale della Società italiana per lo studio delle cefalee (Sisc).
«La cefalea - spiega il presidente Sisc Luigi Alberto Pini - è un problema estremamente diffuso, che tuttavia non trova altrettanta attenzione nel sistema sanitario. Così, di riflesso, i pazienti restano spesso senza cure soddisfacenti. Accade perchè, ad esempio, i Lea non citano affatto il mal di testa. É come se questa malattia, già difficile da gestire perché non c'è un esame strumentale che possa darci la certezza di una diagnosi, davvero non esistesse». Eppure il mal di testa è responsabile del 15 per cento delle visite dal medico di famiglia e le cefalee dolorose che non passano sono la causa del 10 per cento di tutti gli accessi in pronto soccorso. «Spesso sono addirittura l'unico sintomo che porta nel dipartimento di emergenza dell'ospedale. I pazienti hanno bisogno di aiuto, quindi, ma purtroppo spesso non sanno dove cercarlo o non lo trovano».
Da qui l'esigenza di creare una rete per la cura delle cefalee che migliori la gestione dei pazienti, messa a punto dagli esperti Sics: primo anello il medico di base, che affronterà periodici corsi di aggiornamento così da essere in grado di diagnosticare e classificare correttamente il mal di testa. «Così - spiega Pini - i casi più semplici potranno essere gestiti direttamente dal medico di famiglia, che invece invierà i casi complessi o quelli in cui una terapia standard non ha avuto effetto a uno specialista di secondo livello per le cefalee, idealmente uno per ogni azienda sanitaria».

Sperando che la capa smetta di girare.

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