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Domani Alfano diventerà il segretario del Pdl: viaggio nel partito tra fedelissimi e malpancisti

La prima missione di Alfano sarà quella di mettere ordine tra tutte le anime. Scajola freme, gli under 40 di Liberamente stanno col Guardasigilli. Le mosse di Pisanu & Co. Matteoli vuole superare quota 70-30 (ex Forza Italia-ex An). Alemanno è in lotta con Gasparri e La Russa

Domani Alfano diventerà il segretario del Pdl: 
viaggio nel partito tra fedelissimi e malpancisti

Roma - Un labirinto. Addentrarsi in quel gran contenitore che è il Popolo della libertà alla vigilia del congresso nazionale che incoronerà Angelino Alfano segretario del partito, è rischioso se non si possiede una bussola. Correnti, pattuglie di parlamentari, anime diverse spesso in contrasto tra loro, arrivano all’appuntamento di domani con ambizioni, aspirazioni e visioni non del tutto coincidenti. Punto fermo del grande arcipelago pidiellino è la fedeltà indiscussa a Berlusconi. Ma, di fronte ai futuri poteri di Alfano e a come risollevare il Pdl dopo le ultime batoste elettorali, non tutti la pensano allo stesso modo. Di certo il Guardasigilli dovrà cercare di rendere omogeneo un partito che, oggi, sembra sempre di più una maionese.

La corrente più scalpitante è quella di Scajola che raduna una ventina di deputati. Gli scajoliani, sulla carta l’osso più duro per Alfano visto che in passato hanno pure minacciato di creare dei gruppi autonomi, lavorano per un centrodestra democristianizzato. Vale a dire: partito più pesante e lavorare alacremente per allargare i propri confini all’Udc. È chiaro che le ambizioni dell’ex ministro, finito in freezer dopo la vicenda della casa vista Colosseo, siano quelle di rientrare in corsa, naturalmente a scapito dei due triunviri Verdini e La Russa.

Poi ci sono i matteoliani, ex aennini lealisti stretti attorno al ministro dei Trasporti, che chiedono a gran voce il definitivo superamento della logica del 70/30 e la fine delle anime nel Pdl. Sostengono senza se e senza ma Alfano e sono propensi ad assegnarli più poteri possibili. Per i matteoliani dev’essere soltanto il segretario nazionale a dare l’indirizzo politico del partito e a prendere iniziative di carattere organizzativo. Il che non vuol dire che siano contro gli attuali coordinatori, anzi: sono in ottimi rapporti con il toscano Verdini. Aborrono le primarie a tutti i livelli.

Discorso opposto per gli alemanniani, stretti attorno al sindaco di Roma, in lite continua con l’area ex forzitaliota della Capitale e del Lazio. Per loro le primarie andrebbero fatte «dal premier in giù», palesando così i sogni di leadership del proprio capo. Visceralmente antileghisti e alleati alla Polverini, tendono a contrastare l’anima larussiana e gasparriana del partito.

Tra gli ex azzurri, speculare ad Alemanno perché favorevole alle primarie, è invece il potente governatore della Lombardia, Roberto Formigoni. Anche lui con sogni di leadership nel cassetto e una pattuglia di parlamentari al seguito, ha visto l’ascesa repentina di un suo uomo, Maurizio Lupi, di cui si mormora possa prendere il posto di Alfano al ministero della Giustizia. Il segretario in pectore ha dalla sua pressoché tutti, compresi i fedelissimi del premier Bondi, Quagliariello, Verdini, Brambilla e Santanchè ma in futuro dovrà confrontarsi con tutte le forze in campo. Per esempio con i ministri riuniti nell’area di Liberamente: giovani ministri come Frattini, Gelmini, Prestigiacomo e Carfagna, che rappresentano la nuova leva dei quarantenni e che hanno giocato nel ruolo delle cosiddette «colombe» durante il braccio di ferro con Fini e i finiani. Anche loro vogliono far sentire la propria voce su come rilanciare il partito e frenare le spinte centrifughe.

Spinte già in atto posto che un’altra corrente, quella di Miccichè, ha già creato un proprio movimento, Forza del Sud, per contrastare una politica troppo filoleghista del Pdl. Anche loro, al pari degli scajoliani, minacciano di creare un gruppo autonomo e giurano di attirare nuovi adepti. E poi i malpancisti, non organizzati, ma nostalgici per l’esaurita spinta che aveva la Forza Italia della prima ora: Pisanu, Martino, Pera. A ciò si aggiunga che le divisioni interne vengono esasperate anche a livello territoriale. I sardi di Pili e Massidda, i pugliesi di Fitto, i piemontesi di Crosetto e Costa. Per non parlare del caos campano. Qui si parla di vere e proprie fazioni in lotta tra loro. Da una parte Cosentino e la maggioranza dei parlamentari, dall’altra Caldoro, Landolfi e Nespoli.

Insomma, la sfida di Alfano, riuscire a mettere ordine in un partito sgangherato, è di quelle da far tremare il sangue nelle vene.

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