Politica

E ora Frattini sprona l’Europa: «Ascoltiamo di più i cittadini»

«Alcuni Stati continuano a difendere interessi nazionali contro quelli Ue»

Gaia Cesare

Il «no» della Francia alla Costituzione europea è una lezione all'Europa dei tecnocrati e rappresenta un messaggio inequivocabile: «L'Unione deve ascoltare di più i cittadini e rispondere soprattutto alle loro inquietudini», quelle legate al carovita e all'introduzione dell'euro, così come alla crisi del mondo imprenditoriale, che sta gravando sull'intero continente. «Ma l'Europa non si ferma, deve decidere come riprendere il cammino» e deve rispondere al messaggio giunto dalla Francia con provvedimenti concreti e non necessariamente con nuove leggi o direttive.
Il vice-presidente della Commissione europea, Franco Frattini, in un denso colloquio televisivo con il direttore del Giornale, Maurizio Belpietro, nel corso del programma l'Antipatico, in onda ieri sera su Canale 5, ha commentato così il risultato del referendum con cui la Francia ha bocciato la Carta della nuova Europa dei 25. In un incalzante faccia a faccia, l'ex ministro degli Esteri - ora impegnato in prima linea nell'Europa guidata da José Manuel Barroso - si è detto «assolutamente convinto» che la nuova Europa abbia bisogno di un ministro del Tesoro con pieni poteri, ma non ha nascosto il proprio scetticismo riguardo alla realizzazione di una politica monetaria comune nell'immediato futuro. «C'è una reazione molto forte da parte di alcuni Stati - spiega Frattini - che tendono a difendere posizioni di interesse nazionale incompatibili con quelle europee. Questo è un male». E il riferimento torna di nuovo alla Francia: «Lei provi a parlare a Parigi di rivedere la politica agricola europea e succede il finimondo».
Forte della propria esperienza al ministero degli Esteri, prima della nomina alla Commissione Ue, Frattini affronta anche il tema dell'emergenza immigrazione: «Soltanto l'Europa può fronteggiare un fenomeno che sicuramente non è nazionale», dice ai microfoni dell'Antipatico. Il numero due di Bruxelles propone soluzioni: «Aiuti, finanziamenti, tecnologie» ai Paesi come l'Italia, la Francia, la Spagna, la Grecia, che fronteggiano «un enorme traffico di essere umani», ma offre soprattutto la sua ricetta: «Una grande polizia europea per le frontiere che abbia degli standard comuni e lavori nello stesso modo». E spiega come - nonostante gli ostacoli frapposti dalla Germania al suo piano - anche il ministro degli Interni, Otto Schily, si è detto «pronto a discutere». Per evitare un'altra estate di sbarchi - una prospettiva «temibile» secondo il vice-presidente della Commissione europea, responsabile della Giustizia, sicurezza e libertà - «è necessario creare condizioni di sviluppo nei Paesi di origine degli immigrati» e puntare sulla prevenzione.
Con un pizzico di orgoglio, l'ex ministro ricorda poi i traguardi raggiunti, anche grazie al suo lavoro - sulla scottante questione dei bambini scomparsi in Europa e finiti nella mani di pedofili o trafficanti di organi: «Dal primo marzo non è più possibile che un genitore che non ha l'affidamento approfitti di una visita per portare con sé il piccolo in un altro Paese europeo.

Questo è un gravissimo problema che abbiamo per fortuna risolto per l'Europa».

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