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E Silvio telefona al candidato anti pm

Burrascosa discussione tra Berlusconi e la Moratti: "Lo comprendo, le toghe gli hanno stravolto la vita. Come a me...". Ma la polemica fa bene: il Cav sale nei consensi. L'inchiesta: i pm vogliono un "mandante"

E Silvio telefona 
al candidato anti pm

Roma - Quando di prima mattina Silvio Berlusconi e Letizia Moratti si sentono al telefono i toni sono tutto fuorché concilianti. Il candidato sindaco di Milano, infatti, insiste nel chiedere un passo indietro di Roberto Lassini dalle liste del Pdl. E punta i piedi tanto dall’annunciare al Cavaliere una sua presa di posizione pubblica sulla vicenda: o io o lui. Il premier, invece, è decisamente su una linea più morbida, convinto sì che l’autore dei manifesti anti pm abbia sbagliato nella forma e nei modi ma non certo nella sostanza.

Perché, ripete alla Moratti ricordandogli le vicissitudini giudiziarie di Lassini indagato e poi prosciolto per tangenti, «la magistratura ha stravolta la sua vita e quella dei suoi familiari». «Proprio come è accaduto e accade tuttora a me», aggiunge il Cavaliere che dunque non esita a manifestare una certa sintonia con la vicenda personale di Lassini. Il suo, insomma, «è stato un gesto impulsivo e provocatorio» ma è chiaro che sul merito della cosa Berlusconi non se la sente affatto di prendere le distanze. Non è un caso che il capo del governo abbia preferito non commentare pubblicamente la vicenda, neanche dopo l’affondo di Giorgio Napolitano e la decisa presa di distanza di tutto il Pdl. Anzi, dalle stanze del coordinamento regionale lombardo di via Monza 137 dove si tiene la conferenza stampa rimbalza - non smentita - la voce di una telefonata pomeridiana del premier a Lassini. Una conversazione durante la quale i due non si sarebbero trovati su posizioni tanto distanti.

Lo scambio di punti di vista con la Moratti, dunque, è piuttosto acceso. Perché è per indole e profonda convinzione personale che il Cavaliere fa fatica soltanto a pensare di sanzionare in alcun modo chi non ha fatto altro che ripetere quello che lo stesso Berlusconi va dicendo da tempo. Fino a qualche settimana fa solo nelle conversazioni e negli sfoghi privati, domenica scorsa durante il comizio a Milano in sostegno della Moratti anche pubblicamente. Detto questo, anche il premier è consapevole del fatto che il caso è ormai esploso e che difficilmente lo si può far rientrare. D’altra parte, pure la Lega ha preso decisamente le distanze dalla vicenda lasciando intendere di essere sulla linea di Napolitano. Così, nonostante il fastidio per «la scenata della Moratti», il Cavaliere alza il telefono e chiama Mario Mantovani. La linea è concordata. E pochi minuti dopo sulle agenzie di stampa rimbalza la lettera pubblica a Lassini in cui il coordinatore regionale della Lombardia gli chiede di «rinunciare alla sua candidatura» nelle liste comunali del Pdl a Milano. Finisce con il passo indietro dell’autore dei manifesti anti pm che, fosse stato per lui, Berlusconi non avrebbe mai voluto chiedere. Ed è sostanzialmente questo che gli dice durante la loro telefonata.

D’altra parte, quali siano le posizioni del Cavaliere non è un mistero. Tanto che ancora ieri in privato ribadiva la necessità di andare avanti con la riforma costituzionale della giustizia. Che il premier vorrebbe vedere licenziata in prima lettura dalla Camera prima della pausa estiva. Avanti tutta anche con il processo breve che attende l’approvazione del Senato. E pazienza se il Quirinale deciderà di rinviarlo alle Camere come temono a Palazzo Chigi.

«Lo riapproveremo - dice ai suoi il premier - così com’è».

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