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Ecco la fabbrica per operai anziani

La rivoluzione della Bmw: apre una struttura per mantenere in azienda chi ha più bagaglio professionale. Il ringiovanimento non è più un dogma

Ecco la fabbrica per operai anziani

Ci volevano i tedeschi, ci voleva la Bmw, per certificare una verità così solare e così giusta: l’esperienza, la calma, la saggezza, cioè l’incomparabile patrimonio che tra tanti inevitabili danni solo l’età permette di accumulare, non è un bagaglio da rottamare il prima possibile, ma un bene da preservare il più a lungo possibile. Viva i tedeschi, viva la Bmw: e chi se ne importa se mi accuseranno di pubblicità neanche tanto occulta. La notizia è molto più eccitante dell’annuncio di chissà quale modello supertecnologico. Eccola qui, novità mondiale e pietra miliare di un nuovo futuro: l’azienda fatta di e per lavoratori anziani.

L’impianto sta nel sud della Germania, a Dingolfing. Previsti catena di montaggio con postazioni ergonomiche particolari, ottima illuminazione e ritmi più lenti. Ideate persino alcune novità di apprezzabile comfort, come camere di relax e mensa salutista. Ovviamente non sarà un ghetto o un lager geriatrico per bavosi incontinenti: ci lavoreranno anche giovani. Ma Bmw l’ha ideata specificamente per i dipendenti più su con l’età, gente preziosissima che spera di mantenere al lavoro ancora a lungo. E siamo solo all’inizio. Il progetto è estendere la rivoluzione in altri impianti, per trattenere fino a 4mila preziosissimi fedelissimi.
È evidente, due piccioni con una fava: si salva un capitale di sapere formato negli anni, quanto mai utile anche per l’addestramento delle nuove leve, e si rimedia alla difficoltà nel trovare fresca mano d’opera specializzata, problema che sta sempre più aggravandosi. Mi verrebbe da dire: e ci voleva tanto? La vecchia guardia di qualunque azienda sarà magari un po’ pedante e pesante, ma resta a tutti gli effetti una forza fondamentale.

È stupido privarsene per partito preso. Purtroppo, usciamo da un lunghissimo e fetentissimo periodo di dittatura giovanilista. Inutile ripetere il dogma: i giovani hanno più energie, i giovani sono più aperti all’innovazione, i giovani sono più disposti alle sfide e ai rischi (per pudore non si dice che costano meno, forse il loro pregio più apprezzato). E in realtà è proprio così. Ma l’evidenza di questa legge naturale è servita per eliminare idealmente e culturalmente un’altra grande risorsa, che è la maturità. Tra parentesi proprio mentre la vita si allunga enormemente, ma che simpatica coincidenza.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti: da tanto tempo gli slogan a testa bassa dei manager conformisti suonano sempre la stessa musica: ringiovanire, ringiovanire, ringiovanire. E ovviamente pre-pensionare, pre-pensionare, pre-pensionare. A 58 anni ci ritroviamo arnesi obsoleti da eliminare in tutta velocità, qualche volta senza neppure un grazie. Con i danni previdenziali che sappiamo.

Con i danni aziendali che sappiamo, perché i vertici poi piagnucolano continuamente sui problemi e sui costi della formazione di nuove leve. Ma anche e soprattutto con i danni umani che sappiamo, perché la gente invecchia male e si ammala pure prima. Di tristezza, di malinconia, di disistima.
Eppure non è possibile che il lavoratore anziano evochi soltanto un penoso crepuscolo di cateteri e pannoloni. Esiste tutta una moltitudine di donne e uomini che vive la maturità della vita in uno stato di armonia psico-fisica decisamente intatta. In altre parole, ci sono molti lavoratori sani e integri che contro la loro volontà vengono sbrigativamente avviati al nientificio, quella strana azienda senile fondata sul lancio di briciole ai passerotti, sede sociale i giardinetti. Guardandoci in giro, li vediamo ovunque: belle persone che non avrebbero la minima intenzione di buttare il cervello al macero.

Diceva l’economista Marshall: «Ogni qualvolta ci siano persone che non lavorano, vi sono risorse produttive inutilizzate, e dunque è come se venissero sprecate». Non solo. Tempo fa mi sono imbattuto in uno studio del neurologo americano Elkhonon Goldberg, le cui conclusioni sono chiarissime: «Il cervello umano, se mantenuto in esercizio e in buona salute, dopo i cinquant’anni è più plastico e più capace di comprendere, gestire e cambiare i modelli, di quanto lo sia il cervello di un giovane. Si può cioè dire che un giovane è più bravo a vedere e a cambiare l’albero di una foresta, ma l’anziano è più bravo a vedere e a cambiare l’intera foresta. Il giovane è più pronto sulla novità, sui tempi rapidi, l’anziano ha più sguardo d’assieme, riesce a vedere la panoramica dall’alto…».

Ci volevano i tedeschi, ci voleva la Bmw, per metterli uno di fianco all’altro, il giovane e l’anziano, con le loro specifiche virtù. Un commosso e ammirato applauso.

E noi? Noi siamo stabilmente riuniti a Cernobbio, per chiederci come faccia la Germania ad essere sempre così locomotiva.

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