Politica

Economia Ora bisogna sostenere la crescita

La settimana che si chiude ci ha portato una notizia buona ed una cattiva. Quella buona è la riduzione di mezzo punto del tasso di sconto decisa dalla Bce che ha portato i tassi di interesse al minimo storico del 2%. La notizia cattiva è la previsione di Bankitalia che parla di una crescita negativa del 2% per l’economia italiana nel 2009. La notizia buona, però, è meno buona di quel che appare. La decisione della Bce è legata, infatti, ad una riduzione dell’inflazione (la previsione della media europea del 2009 è dell’1,6%) a sua volta legata alla recessione internazionale susseguente alla crisi dei mercati finanziari. Al di là del suo significato, la riduzione del tasso di sconto non garantisce l’inizio della ripresa economica per il semplice fatto che la politica monetaria influenza non più di tanto l’economia reale. L’esempio più classico è stato negli ultimi vent’anni quello del Giappone. Alla crisi economica degli anni ’90 il Giappone rispose con una drastica riduzione dei tassi di interesse portando quelli reali (cioè al netto dell’inflazione) addirittura al di sotto dello zero e ciononostante la ripresa economica non si innescò. Dal 1996 al 1999 anche l’Italia registrò grazie al calo internazionale tassi di interesse intorno al 2% e ciononostante rimase la Cenerentola d’Europa per tasso di crescita. La politica economica, insomma, è cosa più ampia e complessa della politica monetaria il cui contributo è certamente utile ma non determinante. La notizia cattiva, invece, è più cattiva di quel che appare. Non solo per la crisi sociale che una crescita negativa del 2% determinerà ma per il fatto che si conferma che l’Italia come da anni abbiamo denunciato quando c’è un ciclo espansivo cresce meno di tutti e quando c’è recessione crolla più di tutti. Insomma c’è un «quid» tutto italiano, una sorta di mal sottile dell’economia italiana che ci fa star peggio di tutti sia quando c’è il sole, sia quando piove. Ci vorrebbero dunque interventi in grado di contenere i danni della recessione e di sostenere la crescita. Tutti i provvedimenti finora assunti, invece, vanno nella direzione dell’assistenzialismo ma non in quella dello sviluppo. La Social Card, il bonus familiare, l’aumento dei fondi degli ammortizzatori sociali sono misure utilissime tese a lenire le sofferenze dei ceti più deboli e di quanti perderanno il lavoro, ma niente di più. Anzi, lo stesso preannunciato ulteriore aumento degli stanziamenti per gli ammortizzatori sociali utilizzando i fondi europei altro non fa che trasferire risorse dagli investimenti alla spesa corrente assistenziale.
Il ministro Tremonti giustamente dice che non vuole fare altro debito, ma nel 2009 il disavanzo andrà oltre il 3,5% che significa, in soldoni, aumentare il debito di oltre 50 miliardi di euro. Senza contare, naturalmente, il debito sommerso delle pubbliche amministrazioni centrali e locali che, ad essere ottimisti, raggiunge e supera i 10 miliardi di euro. Anche gli altri Paesi aumenteranno il debito pubblico ma per finanziare la ripresa. Il che vuol dire che dal 2010 quel debito potrà essere ridotto grazie alla ripresa della crescita economica.

Noi, invece, rischiamo di aumentare il nostro debito restando fermi e quando la ripresa economica tra un anno si ripresenterà avremo solo le briciole perché saremo ancora una volta gli ultimi per tasso di crescita con riflessi negativi sul risanamento dei conti pubblici.

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