Economia

Il Banco Popolare chiede 1,5 miliardi al mercato

Per Monte Paschi e Bipiemme ora sarà tutto più difficile. Il Banco Popolare di Pier Francesco Saviotti ha bruciato tutti sul tempo, lanciandosi in una maxi-ricapitalizzazione da 1,5 miliardi in vista del generalizzato check-up predisposto da Eba e Bce per le big del credito europee. L'operazione è stata approvata ieri dal cda, che ha anche rifatto i conti sul 2013: il bilancio chiude con una perdita stimata di 600 milioni.
L'aumento mette in pratica i «consigli» lasciati da Bankitalia al termine dell'ultima ispezione, candidando così Verona al ruolo di «polo aggregante» nell'ambito dell'atteso consolidamento del settore. La cooperativa veronese spingerà infatti la propria solidità patrimoniale al 10%, la soglia richiesta da Basilea 3, posizionandosi alla pari degli altri gruppi a cui il governatore Ignazio Visco avrebbe affidato un «ruolo attivo»: Ubi Banca, Intesa Sanpaolo, Unicredit e Mediobanca. Le situazioni più urgenti a cui trovare una sistemazione restano gli istituti di territorio medio-piccoli, che la crisi ha lasciato a secco. Il Banco si libera poi, rimborsandolo, del prestito convertibile da un miliardo in scadenza quest'anno.
Come avrebbero voluto fare Alessandro Profumo e Fabrizio Viola per Mps prima di essere fermati dalla Fondazione, Saviotti ha previsto un calendario strettissimo per l'aumento del Banco: i soci saranno convocati in assemblea già sabato primo marzo, così da raccogliere il denaro entro la primavera. L'aumento è comunque già coperto dal consorzio di garanzia guidato da Mediobanca e Ubs.
Pochi giorni prima, il 27 febbraio, sarà pronto anche il nuovo piano industriale che accompagnerà il gruppo fino al 2018. La banca, che sta stringendo sulla cessione dei crediti non performing, mette intanto mano al personale. Il nuovo accordo, firmato sempre ieri con i sindacati, prevede 470 esuberi e 640 demansionamenti, conseguenti alla riorganizzazione della rete, secondo una struttura a grappolo che distingue tra le filiali principali («hub») e quelle secondarie («spoke»), con il contestuale trasferimento delle attivitò large corporate alla direzione generale. Gli sportelli sono scesi da 1.886 a 1838. Nel dettaglio, il fondo esuberi sarà attivato per 410 dipendenti, mentre altri 50 saranno incentivati ad andare in pensione. Il Banco procederà quindi a 110 assunzioni, mentre per altre 120 uscite è previsto il blocco del turnover: il saldo netto sale quindi di 470 esuberi. Di questi, 250 derivano dalla citata riorganizzazione della rete, mentre 220 sono il residuo dell'attuale piano industriale.
Verona ha anche già individuato in 330 esuberi la quota di uscite previste per il 2015, che su richiesta dei sindacati è stata tuttavia eliminata dagli accordi e sarà trattata in una procedura successiva.

Alcuni dei 640 demansionamenti sono già stati risolti con l'attribuzione di mansioni equivalenti, mentre per circa 250 persone sono state individuate indennità economiche.

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