Economia

Basta parole a vuoto, "pignorate" la Grecia oppure cacciatela

Il governo di Atene è dilettantesco e irresponsabile. Ma è inaccettabile anche il comportamento del ministro delle Finanze tedesco Schauble

Basta parole a vuoto, "pignorate" la Grecia oppure cacciatela

Quello della Grecia è un tormentone insostenibile. Il governo di Atene è dilettantesco e irresponsabile, un incrocio populista fra comunismo e grillismo. Ma è inaccettabile anche il comportamento del ministro delle Finanze tedesco Schauble, che conduce di fatto le trattative europee, fra il bastone e la carota, con troppe esternazioni che generano alti e bassi nei mercati e nel cambio dell'euro. Le autorità di Bruxelles ci fanno una pessima figura, perché si capisce che l'Europa non ha un vero governo. E poiché gli altri stanno zitti, compreso il premier tedesco, si ha l'impressione di un vuoto decisionale. La fuoriuscita di Atene dall'euro non sarebbe un dramma. La Grecia ha un pil di soli 180 miliardi, lo 1,5% dei circa 11mila dell'euro zona. Il governo in parte non vuole, in parte non può pagare i debiti. Il problema che si pone se un Paese esce da un'area monetaria, è quello dei suoi creditori.

Ma oramai di creditori privati non ellenici per il debito pubblico greco non ce ne sono più. Presumibilmente ci sono creditori commerciali e finanziari delle imprese greche, che - dato il tempo trascorso dalla prima crisi greca, di cui l'attuale è un velenoso bis - si sono già cautelati o hanno chiuso i rapporti. I crediti verso il governo greco sono sostanzialmente del Fondo monetario e degli Stati europei, tramite il Fondo europeo di stabilità e la Bce. Se la Grecia fallisse stando dentro l'euro o uscendone, l'Italia che ha dato 40 miliardi di crediti alla Grecia tramite la Bce e il Fondo europeo di stabilità, rimarrebbe quindi creditrice di tale cifra nei riguardi di questi due, non di Atene. Sono loro tre - la Bce, il Fondo europeo di stabilità e il Fondo monetario internazionale - che hanno il cerino acceso in mano. La Bce sta prestando soldi alle banche greche, che in parte li usano per rimpiazzare i depositi che i clienti stanno portando altrove. Ma in parte questi prestiti della Bce alle banche greche vanno al governo di Atene, che con essi paga alcune spese, finanziandosi di fatto a carico dell'Eurotower.

Questa prende debito pubblico greco come garanzia dei prestiti che fa alle banche. Secondo le regole europee la Bce non può finanziare i deficit dei governi. Per conseguenza essa, su invito di Bruxelles, potrebbe chiedere ad Atene di rimborsare questi prestiti, salvo pignoramento dei suoi beni, in ossequio alla regola del divieto di prestiti, cui ora essa deroga, ritenendo prioritaria la stabilità monetaria. Quando io nel 1982 fui nominato ministro delle Finanze, il precedente governo aveva portato in rosso, senza più copertura di credito, il conto della Tesoreria dello Stato con la Banca d'Italia. Io, perciò, dovetti trovare subito qualche decina di miliardi di lire perché, diversamente, la Banca d'Italia ci poteva pignorare il palazzo del ministero delle Finanze. Similmente, la Bce potrebbe procedere con lo Stato greco. Poi potrebbe fare lei, insieme al Fondo monetario, un prestito speciale per rimettere in piedi l'economia greca, in cambio del varo di provvedimenti stabiliti dai due con il governo. Se Atene lo rifiutasse, non resterebbe che far uscire la Grecia dall'euro. La Bce può stampare moneta, per compensare il Fondo europeo salva stati dei crediti insoluti greci. Data la deflazione attuale, ciò non genererebbe inflazione. Il problema, dunque, è politico e di immagine.

Ma l'immagine dell'Europa, con una decisione netta, ne guadagnerebbe.

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