Politica economica

La Bce alza ancora i tassi ma non dice se è finita

Lagarde resta ambigua: "Questo livello assicura l'obiettivo, ma potremmo non essere al picco"

La Bce alza ancora i tassi ma non dice se è finita

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Le riunioni della Bce sembrano uscite dalla penna di Beckett, da un po' di tempo a questa parte. Aspetti sempre che spunti l'ordine di stop al rialzo dei tassi, ma il Godot della politica monetaria non arriva mai. Forte di quella «solida maggioranza» nel consiglio che la presidente Christine Lagarde (in foto) si appunta al petto come una medaglia al valore, Francoforte ha infatti squadernato ieri la decima stretta in poco più di un anno, alzando di un altro quarto di punto il costo del denaro. Ora è al 4,5%, il punto più alto da quando l'euro è entrato nelle nostre tasche, e al di sotto di appena mezzo punto rispetto ai livelli dell'aprile '98, quando a menar le danze era ancora Bankitalia. L'ennesimo inasprimento viene giustificato - ça va sans dire - da un'inflazione non ancora rientrata nei ranghi. Anzi: «L'evoluzione più sostenuta dei prezzi dell'energia» ha indotto lo staff di esperti - si fa per dire - della banca centrale a rivedere al rialzo le stime sul carovita, atteso ora salire del 5,6% quest'anno, del 3,2% nel 2024 e del 2,1% nel 2025. Per abbordare il target di riferimento del 2% occorreranno almeno altri due anni. Non un periodo breve, anche se nel comunicato finale la Bce pare sbilanciarsi ritenendo che «i tassi abbiano raggiunto livelli che, mantenuti per un periodo sufficientemente lungo, forniranno un contributo sostanziale a un ritorno tempestivo dell'inflazione all'obiettivo». Frase che i mercati (+1,37% Milano, +1,61% l'Eurostoxx600; rendimento del Btp a 10 anni sceso di 9 punti al 4,34%), convinti che l'Eurotower sia ora pronta a mettere in stand by le leve monetarie, hanno accolto come l'acqua data all'assetato nel deserto.

Ma la terra promessa del «pivot», cioè il punto terminale raggiunto il quale i tassi smettono di prendere l'ascensore, ha tutta l'aria di essere soltanto un miraggio. «I tassi non sono al picco e non c'è una definizione di quale sia il livello di picco. Siamo dipendenti dai dati. Dobbiamo testare la nostra valutazione di oggi in base alle stime future. Una porta deve essere aperta o chiusa, ma questo è teatro», ha puntualizzato in conferenza stampa Madame Bce. Ma qui, più che dalle parti di de Musset, siamo prossimi a Ionesco, in un cortocircuito comunicativo che frulla ambiguità e lascia così intatte le possibilità di altri giri di vite al costo del denaro. Del resto, di un'inversione della rotta manco se ne parla: durante la riunione del board «non si è discusso per quanto tempo i tassi rimarranno alti al livello attuale», ha ammesso l'ex Fmi. Con buona pace di quella parte di analisti che colloca il taglio dei tassi già nell'estate del '24. Come una nota fastidiosa di sottofondo (per Francoforte), c'è poi l'arrancare dell'eurozona. «L'economia, stagnante negli ultimi mesi, suggerisce che la debolezza resterà anche nel terzo trimestre. Le condizioni del credito stanno indebolendo la crescita e i servizi», ha spiegato Lagarde. Eppure nelle nuove previsioni, benché riviste al ribasso, il segno meno continua a non accoppiarsi al Pil, destinato a crescere quest'anno dello 0,7%, dell'1% il prossimo e dell'1,5% nel 2025. Niente recessione alle viste, dunque, malgrado il passo da gambero della Germania.

I falchi di Francoforte possono quindi continuare a far la guerra all'inflazione senza aver l'urgenza di rottamare il Pepp (il piano di aiuti pandemico), che sino alla fine del '24 reinvestirà il capitale rimborsato sui titoli in scadenza.

L'ultimo bastione rimasto in piedi di un'altra Bce.

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