Economia

Big italiani "cenerentola". Ma c'è l'aiuto dell'export

I top 10 della Penisola «valgono» il 4,6% del Pil contro il 24% dei tedeschi. Giù gli investimenti

Big italiani "cenerentola". Ma c'è l'aiuto dell'export

L'export traina l'industria italiana che cresce ma meno rispetto al passato, allungando dunque il distacco con la Germania. Le partecipate pubbliche quotate in Borsa hanno comunque foraggiato lo Stato con oltre 11 miliardi di dividendi, pari a un quinto di tutte le cedole distribuite. Tra le più generose, svetta Eni che nel 2018 ha anche sorpassato dopo quattro anni Enel conquistando la medaglia d'oro dei ricavi con quasi 76 miliardi di euro grazie alla risalita del prezzi del greggio.

Il quadro emerge dalla 44ma edizione dell'annuario R&S di Mediobanca. A completare il podio, assieme ai due colossi energetici, c'è Fca Italy a quota 27 miliardi nonostante il trasloco in Olanda della cassaforte degli Agnelli, Exor, che vale 143 miliardi di fatturato. Nel 2018 il giro d'affari aggregato dei 42 grandi gruppi italiani quotati vale 366 miliardi, in aumento del +3,3% sul 2017. Fondamentali le esportazioni (+6%), debole la domanda interna (+0,2%). Tra il 2014 e il 2018 sono aumentati i ricavi delle grandi aziende private (+15,8%), al contrario delle pubbliche (-9,2%) che però fatturano mediamente il triplo e determinano il 65,7% delle vendite (contro il 34,3% delle private). Nello stesso periodo di tempo i principali gruppi italiani quotati hanno distribuito 57 miliardi di dividendi: di questi 11,2 sono andati allo Stato, oltre il doppio di quanto hanno riscosso le famiglie che controllano i gruppi privati. Ai comuni, invece, sono andati 1,2 miliardi.

L'anno scorso i primi dieci grandi gruppi della manifattura italiana hanno però determinato solo il 5,5% del fatturato cumulato dai 40 maggiori gruppi europei: i tedeschi il 55,8%, i francesi il 25,6% e quelli del Regno Unito il 13,1%. I Top 10 nostrani valgono il 4,6% del Pil nazionale, i tedeschi il 24,1%, i francesi il 15,9% e i britannici l'8%. I big italiani, oltre ad essere deboli nel confronto sul fatturato, arrancano sugli utili: in cinque anni infatti hanno generato solo 3 dei 493 miliardi (cioè lo 0,6%) generati complessivamente dai primi 40. E nessun italiano sta nella top ten europea per fatturato, dominata dalla Germania, poiché Exor (terza) è olandese. Gli investimenti si confermano il vero punto debole delle grandi imprese italiane, che nel 2018 hanno investito lo 0,5% in meno che nel 2014. La manifattura privata ha comunque un tasso di investimento doppio rispetto a quella pubblica (8,2% contro il 4,4%). Sul podio Moncler con un tasso di investimento del 29,6% sulle immobilizzazioni tecniche lorde, seguita da Salvatore Ferragamo (16,6%) e Ima (15,5%).

Nemmeno la Borsa premia i protagonisti della grande industria italiana la cui capitalizzazione ha subito un calo del - 8,7% sul 2014, inferiore solo al -15,7 % dei big tedeschi.

Crescono, invece, francesi (+32,1%) e britannici (+7,8%).

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