Economia

In Borsa parla la Fed, il nodo dei bond

Gli Usa spaccati tra falchi e colombe. Salgono i timori su crescita ed efficacia del Qe

In Borsa parla la Fed, il nodo dei bond

La Federal Reserve di Janet Yellen arriva spaccata a metà tra «falchi» e «colombe» alla riunione che domani e mercoledì dovrà decidere sui tempi del rialzo dei tassi americani. I bookmaker «pagano» ormai soltanto il 20% una stretta immediata, contro il 50% che la procastina a dicembre, ma questa mattina l'incertezza in Piazza Affari resterà ancora elevata dopo la caduta di venerdì (-2,4%) complice la nuova fiammata del mal-di-banca davanti al caso Monte Paschi (-9,3% al minimo storico di 0,20 euro, per una capitalizzazione sotto i 600 milioni).

«Non crediamo che la Fed abbia i margini per alzare i tassi subito, ma sarà centrale il segnale che Janet Yellen invierà ai mercati», sottolinea Stefano Mach di Azimut ricordando come il listino di Wall Street giri attorno ai massimi ormai da luglio, senza riuscire a trovare nuovi spunti.

Il motivo è una ripresa globale che nelle ultime settimane ha mostrato il fiato corto sia negli Stati Uniti, con gli ultimi dati sull'occupazione e le vendite al dettaglio, sia in Europa, Italia compresa, con le ripetute revisioni al ribasso sulla crescita del pil. «I mercati non hanno più molta energia per risalire», conferma Gianluca Verzelli di Banca Akros che non si attende tuttavia particolari scossoni in Borsa nemmeno se sui tassi degli Stati Uniti avessero la meglio gli «interventisti», perché nulla è peggio dell'incertezza.

Del resto la «colomba» Dennis Lockhart (Fed di Atlanta), ha già preannunciato una «discussione animata» contro il fronte dei falchi di Stanley Fisher che vorrebbe invece due strette da qui a fine anno. Le due posizioni si accavallano da settimane, smentendosi a vicenda, ma ora sembra che gli stessi tecnici della Fed consiglino una tattica di attesa, o comunque non ravvisino una reale urgenze per agire subito.

Se lo scontro in seno al Fomc della Yellen è dato per scontato, la paura degli investitori si autoalimenta dalla sensazione che il bazooka delle banche centrali stia diventando un'arma spuntata. La spia d'allarme si è accesa la scorsa settimana sul fronte obbligazionario, con il calo accusato da Btp (-3% circa) e bund tedeschi (-1,5%) che ha riportato i rendimenti di questi ultimi per la prima volta in positivo dopo l'addio all'Europa deciso dagli inglesi a giugno con il referendum sulla Brexit. E questo dimostra che i corsi dei bond siano stati finora sostenuti dalle banche centrali e non dai fondamentali. Un calo quello dei bond che potrebbe essere il prodromo di quello azionario visto che, se la sofferenza di Piazza Affari con le sue banche è un caso a parte, l'indice S&P 500 è positivo su base annua (+10%). Le principali incognite si concentrano sulla tenuta nel 2017.

Per questo l'attenzione è puntata su come deciderà di agire, sempre mercoledì, la banca centrale giapponese su tassi di interesse e quantitative easing: parlerà il governatore Haruhiko Kuroda. Il timore, dopo che la stessa Bce di Mario Draghi ha rimandato ogni annuncio sul potenziamento e il prolungamento degli stimoli, è infatti «che la politica monetaria abbia esaurito gran parte del suo effetto», sottolinea Mach.

Giovedì è atteso intanto il bollettino economico dell'Eurotower.

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