Economia

Borsa al top grazie a SuperMario

Boom di matricole e Opa. Sale al 35% il peso sul Pil

Rodolfo PariettiPrendete un Draghi, e miscelatelo con una bella dose di crisi greca; poi aggiungeteci uno yuan svalutato e una fettina di Fed: avrete il bilancio 2015 della Borsa italiana, scandito dai quattro macro-eventi che ne hanno condizionato l'umore. Non è andata male, a Piazza Affari: ha chiuso un anno complicato con addosso la maglia rosa dell'eccellenza finanziaria, dall'alto di un guadagno che si è fermato a un soffio dal 14% (dato al 29 dicembre). Nessuna tra le piazze azionarie più importanti ha saputo fare di più. Poteva andare meglio? Difficile. Lo spiega il grafico qui sopra, con quella cavalcata nelle praterie del rialzo fino a metà aprile, a quantitative easing della Bce ormai avviato, capace di spazzar via i postumi della sbornia recessiva ancora da smaltire all'inizio di gennaio. Per mesi, SuperMario è stato il vero ricostituente (la droga, controbattono i maligni) del listino. Poi, il vento ha cominciato a cambiare. Colpa di un grecale gelido, ovvero l'apice della tragedia ellenica, con lo spauracchio del default e della Grexit a ticchettare nei portafogli degli investitori. Una litania di ribassi che ha accompagnato la Borsa fino a metà luglio, quando il lieto fine (si fa per dire) di Atene ha fatto tirato un po' a tutti un sospiro di sollievo e «ri-tirato» su i listini. Poi, a spaventare, è arrivata la frenata cinese con la triplice svalutazione dello yuan. Infine, il mercato ha avuto anche il suo bel tormentone autunnale, con la Fed impegnata a sciogliere il dilemma amletico sul rialzo dei tassi.A conti fatti, e visto quanto è successo, poteva anche andare peggio. Merito, dunque, a quanti hanno scommesso sulla Borsa permettendo, tra l'altro, di rendere più frizzanti gli scambi (3,2 miliardi di euro il controvalore giornaliero, contro i 2,9 miliardi del 2014). Ma merito, soprattutto, a chi ha deciso di compiere il grande passo, portando l'azienda a Piazza Affari. Una decisione mai facile in Italia, dove è cronica una certa riluttanza a quotare le società. Quest'anno, invece, sono state 32 le matricole, record dal 2007. Un buon numero che ha però solo parzialmente arginato l'esodo dal Mta, che ha perso tre società (storico l'addio di Pirelli) scendendo a quota 282; il boom dell'Aim, il segmento delle piccole imprese, ha permesso a Piazza Affari di chiudere l'anno con 356 società quotate, in aumento dalle 342 di fine 2014. Con 27 nuovi collocamenti sono stati raccolti 5,7 miliardi (più della metà relativi alle Poste, con oltre 3 miliardi), mentre altri quattro miliardi (di cui tre «targati» Mps) sono arrivati da 13 aumenti di capitale. Da primato le Opa che, con l'operazione di ChemChina su Pirelli, hanno raggiunto i 5,4 miliardi. Ma chi è la regina del rialzo 2015? È Italcementi, protagonista di un balzo a tre cifre (+107%). E la pecora nera? Si è confermata Mps, con una picchiata del 35%. Da segnalare inoltre che Intesa Sanpaolo ha superato Unicredit divenendo l'azione più scambiata per controvalore (95,2 miliardi nel complesso); l'istituto guidato da Federico Ghizzoni ha però mantenuto il primato negli scambi in termini di contratti (3,9 milioni). Per effetto dei guadagni messi a segno, e grazie al maggior numero di società presenti nel paniere, la capitalizzazione è salita a 567,6 miliardi, in crescita del 17,6% rispetto al 2014; il dato rappresenta il 34,8% del Pil del Paese, mentre nel 2014 era pari al 29,1%.

Un salto in avanti di oltre cinque punti: nel Paese degli zero virgola, un evento più unico che raro.

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